Nella mitologia greco-latina, si narra di almeno quattro labirinti. Il più famoso è quello di Cnosso, ordinato dal re Minosse, sull’isola di Creta, voluto per rinchiudervi il Minotauro, nato dall’unione della moglie Pasifae con un toro. Era un intrico di strade, stanze e gallerie realizzato dal genio di Dedalo e del figlio Icaro. Gli stessi, completata la costruzione, vi rimasero prigionieri. Poterono uscirne soltanto costruendo delle ali piumate con la struttura in cera, grazie alle quali poterono volare fuori. Arrivò, poi, l’ateniese Teseo, che con l’aiuto di Arianna e del suo gomitolo di filo rosso, attraversò il labirinto, uccise il mostro e riuscì a tornare indietro, salvando gli ateniesi ivi intrappolati. Quel labirinto era “unicursale”, costituito da un unico percorso che conduceva inesorabilmente al suo centro. I labirinti medievali, come quelli realizzati nelle cattedrali di Chartres e Reims, rappresentano il cammino simbolico dell’uomo verso Dio, simbolo di pellegrinaggio, o del cammino di espiazione. Lo si percorreva, anche, durante la preghiera stessa. Alcuni vedono nella struttura del labirinto, l’evoluzione del pensiero dell’uomo attraverso le varie epoche storiche, cioè una ricerca universale dell’infinito. A Fontanellato (Parma), si sta ultimando il più grande labirinto strutturato con piante. Un percorso vegetale lungo tremila metri, circondato da centoventimila bambù. Possiamo intendere il labirinto come un percorso dell’anima, un perdersi per ritrovarsi, per riscoprire la serenità, il silenzio, se stessi. Un vagabondare, ascoltando la musica delle canne di bambù sbattute dal vento…