“Voglio che recitiate il Rosario tutti i
giorni per ottenere la pace nel mondo e la fine della guerra.” (la Madonna ai pastorelli di Fatima, 1917)
Sr. Lucia ha scritto, parlando
dell’appello della Madonna al mondo da Fatima: “questo invito
Il rosario (dal latino rosārium, "rosaio"; a partire dal XIII secolo acquisì il significato religioso indicante le preghiere che formano come una "corona", nell'accezione latina di corōna ovvero ghirlanda, di rose alla Madonna) è una preghiera devozionale econtemplativa a carattere litanico tipica del rito latino della Chiesa cattolica.
Le sue origini sono tardomedievali: fu diffuso grazie alleConfraternite del Santo Rosario, fondate da Pietro da Verona, santo appartenuto all'Ordine dei Frati Predicatori, tanto che se ne attribuì la nascita ad un'apparizione della Madonna, con la consegna del rosario al fondatore dell'Ordine San Domenico.[1]
La preghiera fu approvata, a nome del papa, dalcardinale Alessandro Nanni Malatesta[2], legato pontificio e vescovo di Forlì. Non essendo elemento della liturgia della Chiesa cattolica, questa pratica ha subìto notevoli varianti nel corso dei secoli.
La preghiera consiste in cinque serie (chiamate "poste") di dieci Ave Maria unite alla meditazione dei "misteri" (eventi, momenti o episodi significativi) della vita di Cristo e di Maria.
Il nome indica la "corona di rose", con riferimento alfiore "mariano" per eccellenza, simbolo della stessa "Ave Maria".
La versione integrale della meditazione prevede la contemplazione di tutti i quindici misteri e quindi la recita, tra l'altro, di centocinquanta Avemarie (coll'aggiunta facoltativa dei cinque "misteri luminosi" nel 2002 si contano venti "poste" per complessive duecento "Avemarie" ma si perde l'antichissima e voluta analogia con i centocinquanta salmi del Salterio[senza fonte]). Il conto si tiene facendo scorrere tra le dita i grani della "corona".
La versione tradizionale prevede la recita in latino. Si inizia anzitutto con il segno della croce.
Si recitano quindi:
oppure
Si recita una corona di cinque decine, facendole precedere dal richiamo del mistero a cui è legata. Ogni decina è composta da:
Dopo le cinque decine si recitano:
secondo le intenzioni del papa. Si recita una Salve Regina, letta o cantata. Durante la recita collettiva, ciascuna di queste preghiere viene eseguita in forma responsoriale: per metà dalla persona che guida la recita, per l'altra metà da tutti gli altri, tranne che per la preghiera di Fatima e il Salve Regina, che vengono iniziate dalla persona che guida la recita e proseguite da tutti.
Facoltativamente si recita una delle seguenti preghiere:
Se è presente un sacerdote, a questo punto può impartire la benedizione. Si termina con il segno della croce.
Si possono anche recitare, specialmente nella preghiera individuale, una o più singole decine invece del rosario completo; il rosario è però essenzialmente e primariamente una preghiera comunitaria.
Il rosario missionario è una forma di rosario cattolico in cui la recita di ogni decina è dedicata ad uncontinente. Al termine di ogni decina vi è la lettura di una testimonianza di un santo missionariorelativo al continente oggetto di preghiera. Come conclusione vi è l'invocazione di Maria su numerosi paesi del mondo.
Esistono varie meditazioni (composte da Santi o dettate da Gesù e Maria durante rivelazioni private), che servono ad aiutare il fedele nella pratica del Rosario e nella contemplazione del Mistero
Il rosario completo era di 15 decine in tre serie chiamate corone, ora diventate 20 con l'aggiunta nel2002 di una quarta serie ad opera di papa Giovanni Paolo II, per richiamare la cristocentricità di questa preghiera. Ciascuna decina corrisponde ad uno dei misteri della Redenzione, secondo una lista di origine non anteriore al XV o XVI secolo, e per molto tempo non c'è stato un accordo universale su quali fossero. Si possono, però, contemplare anche altri misteri, oltre quelli tradizionali. Questi Rosari possono contemplare fatti della vita di Gesù o di Maria, parole di Gesù oppure possono prendere spunto da versi dell'Antico Testamento insieme a versetti del Nuovo ecc.
Nella forma ridotta, si recita ogni giorno una corona meditandone i misteri: la prima comprende imisteri gaudiosi (o della gioia), contemplati il lunedì e il sabato; la terza i misteri dolorosi (o del dolore), il martedì e il venerdì; la quarta i misteri gloriosi (o della gloria), il mercoledì e la domenica. Con la lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae del 16 ottobre 2002, Giovanni Paolo II ha introdotto facoltativamente i misteri luminosi (o della luce), da contemplare il giovedì, e ha associato ad essi la seconda corona del rosario, interponendola quindi tra la corona dei misteri gaudiosi e quella dei dolorosi.
(da recitarsi il lunedì e il sabato)
(da recitarsi il martedì e venerdì)
(da recitarsi il mercoledì e la domenica)
(da recitarsi il giovedì - facoltativi, possono essere sostituiti dai Misteri Gaudiosi)
La parola "rosario" deriva da un'usanza medioevale che consisteva nel mettere una corona di rose sulle statue della Vergine; queste rose erano simbolo delle preghiere "belle" e "profumate" rivolte a Maria. Così nacque l'idea di utilizzare una collana di grani (la corona) per guidare la meditazione. Nel XIII secolo, i monaci cistercensielaborarono, a partire da questa collana, una nuova preghiera che chiamarono rosario, dato che la comparavano ad una corona di rose mistiche offerte alla Vergine. Questa devozione fu resa popolare da San Domenico, il quale, secondo la tradizione, ricevette nel1214 il primo rosario dalla Vergine Maria, nella prima di una serie di apparizioni, come un mezzo per la conversione dei non credenti e dei peccatori. Prima di San Domenico, era pratica comune la recita dei "rosari di Padre Nostro", che richiedevano la recita del Padre Nostro secondo il numero di grani di una collana. In realtà, l'abitudine di contare le preghiere con una cordicella annodata era già diffusa dal III e IV secolo, ai tempi dei monaci del deserto che vivevano da eremiti. Questi strumenti si chiamarono poi, nelMedioevo, "paternoster". In un primo tempo, infatti, il culto della Vergine praticamente non esisteva e l'Ave Maria, nata nel VII secolo, si affermò in tutto il mondo cristiano soltanto intorno al Mille. Il movimento circolare che si fa sgranando il rosario simboleggia il percorso spirituale del cristianoverso Dio: un lungo ritorno.[3]
Nel 1571, anno della Battaglia di Lepanto, papa Pio V chiese alla cristianità di pregare con il rosario per chiedere la liberazione dalla minaccia turco-ottomana. La vittoria della flotta cristiana, avvenuta il 7 ottobre, venne attribuita all'intercessione della Vergine Maria, invocata con il rosario. In seguito a ciò il papa introdusse nel calendario liturgico per quello stesso giorno la festa della Madonna della Vittoria, che poi il suo successore, papa Gregorio XIII, trasformò in festa dellaMadonna del Rosario.[4] Sempre nel XVI secolo si ha la fissazione definitiva dell'ultima parte dell'Ave Maria, che nella parte finale aveva numerose varianti locali.
Altri personaggi che hanno contribuito alla diffusione di questa preghiera sono il Beato Alano della Rupe con il suo Salterio di Cristo e di Maria del 1478, san Luigi Maria Grignion da Montfort con il suo libro Il segreto ammirabile del Santo Rosario, ed il beato Bartolo Longo (fondatore del Santuario e delle opere di carità di Pompei) considerato l'"Apostolo del Santo Rosario". Un altro impulso si ebbe nei secoli XIX e XX con le apparizioni di Maria a Lourdes e a Fatima.
La "Madonna del Santo Rosario" è venerata nel "Pontificio santuario di Pompei".
Una possibile etimologia della parola "rosario" è da rintracciare nella parola sanscrita japa-mālā(जपमाला), letteralmente "ghirlanda" (mālā) "per preghiere" (japa). La parola japa-mālā è in uso da millenni per indicare la corona per le preghiere presso le popolazioni dell'India. Come indicato dallo studioso di lingue indiane A. F. Weber (1825-1901), cambiando la "a" breve di japa (जप) con la "ā" lunga, si ottiene japā (जपा), che non significa più "preghiera", ma "rosa". Quindi japā-mālā viene a significare ghirlanda o corona di rose, di cui il latino rosarium potrebbe rappresentare un calco. Poiché però il sanscrito è stato conosciuto in occidente soltanto a partire dal XVIII secolo, mentre il termine rosarium è almeno di origine tardo-medievale, è improbabile che il supposto calco sia stato fatto direttamente dal sanscrito.[5]
La tradizione religiosa riporta anche 15 promesse che la Vergine in persona avrebbe fatto sia a san Domenico sia al beato Alano della Rupe riguardo al suo rosario. Esse sono le seguenti:[6]
Secondo il credo cattolico, il termine predestinazione non significa assenza di libero arbitrio, cioè una persona, dopo aver pregato col "rosario", può sempre scegliere liberamente se raggiungere la "salvezza" o meno. Quindi, la "predestinazione" è qui intesa come l'alto grado di probabilità che una persona possa salvarsi, perché, di sicuro, col "rosario" una persona sarà particolarmente protetta e aiutata da Dio e da Maria.
Promesse fatte dalla Vergine durante varie apparizioni
La corona, a volte chiamata anch'essa rosario, si adopera per tenere il conto delle preghiere che si recitano. Oggetti simili al rosario sono rintracciabili in
varie religioni: nell'induismo, nel buddhismo, nell'islam, nell'oriente cristiano e infine nella chiesa latina. In quest'ultima la corona del rosario di norma è formata da 50 grani in gruppi di
dieci (le decine), con un grano più grosso tra ciascuna decade. Si conoscono alcuni rosari con centocinquanta o cento grani: tali numeri sono stati scelti in passato per corrispondere al
numero dei salmio ad una frazione di essi, ovvero due terzi dei 150 salmi. Per i grani venivano tradizionalmente usati i semi dell'albero del mogano, o perle, ma ora si usano altri materiali più economici e artificiali.
Il rosario francescano, anziché avere 50 grani, ne ha 70.
In passato erano comuni anche rosari fatti con noccioli di olive; alcuni sono stati creati con le olive del Giardino del Getsemani, l'Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme ne dava uno a tutti quelli che facevano parte dell'ordine. A volte i rosari incorporano sacre reliquie.
Anche in altre religioni, e confessioni cristiane, esistono dei rosari simili, almeno nella forma se non nell'uso, a quello cattolico. Fra questi si possono citare:
Il romanzo Il Gattopardo inizia così:
« Nunc et in hora mortis nostrae. Amen. La recita quotidiana del Rosario era finita. » |
L'autore, Tomasi di Lampedusa, pare che commetta qui un errore: la recita del rosario infatti non termina con un'Ave Maria. In realtà, il riferimento potrebbe essere alla Preghiera per il Papa, che si recita per tradizione dopo il Rosario e termina poi con la breve preghiera Gloria Patri.
L'albero dei rosari è così chiamato perché il nocciolo dei suoi frutti veniva largamente utilizzato per la realizzazione di rosari, dato che, tra l'altro, il nocciolo, di consistenza durissima, presentava già dei fori alle polarità.
[mostra] Preghiere secondo la Dottrina della Chiesa cattolica |
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