CHE COSA È L'ORAZIONE MENTALE
L'orazione, secondo i maestri di spirito, non è altro che un'elevazione della nostra mente e del nostro cuore a Dio: ossia, in altri termini, è un esercizio dell'anima, mediante il quale essa si
volge a Dio. Si può fare in due maniere: colla voce, ed allora si chiama orazione vocale, come quando si recitano preghiere, si cantano inni, salmi, e cose simili; col solo interno, ed allora si
chiama orazione mentale.
Attenendoci pertanto alla sola orazione mentale, dovete sapere, dilettissimi, che l'anima nostra vive ed agisce con tre facoltà o potenze, le quali si chiamano memoria, intelletto e volontà.
Quando adunque l'anima con queste tre potenze si rivolge a Dio, si dice che fa orazione. Mi dimanderete come ciò succede? Rispondo che colla memoria l'anima si rivolge a Dio, quando si ricorda
una cosa che riguarda Dio: come p. es. una verità della fede, letta o udita, un mistero, un fatto; coll'intelletto l'anima si rivolge a Dio quando considera p. es. la forza e l'importanza di
quella verità rivelata, la bellezza e l'amabilità di quel mistero, il pregio di una virtù, o la bruttezza del vizio contrario, il merito di un esempio. Infine l'anima si rivolge a Dio colla
volontà, quando impressionata per cognizioni ricavate dal riflettere sopra una cosa, si eccita ad atti e sentimenti buoni; come p. es. di timore dei giudizi di Dio, di gratitudine per i benefizi
da lui ricevuti, di amore verso una virtù che a Dio è cara, di odìo verso il vizio, e andate voi discorrendo.
Ecco che significa trattare, conversare con Dio; che vuol dire elevazione della mente e del cuore a Dio; che s'intende insomma per orazione mentale. Come voi ben vedete, ella è una cosa
semplicissima, e che si riduce a questo: di richiamare la mente alla considerazione di una verità spirituale, e concernente la propria santificazione, per quindi ottenere che il cuore si commuova
ed induca la volontà a fare ciò che si richiede per santificarsi.
2.
NECESSITÀ DELL'ORAZIONE MENTALE.
E' un difetto pressoché universale il non sapere che cosa sia, e molto più come si pratichi l'esercizio dell'orazione mentale. Il peggio si è che quasi nessuno si dà premura d'istruirsene, perchè
o si disprezza del tutto, o non si crede necessaria, ovvero si sta persuasi che appartenga esclusivamente ai religiosi ed alle monache. Quindi l'orazione che sanno fare le persone, anche buone,
si riduce alla recita di preghiere, ossia all'orazione vocale, o tutt'al più alla lettura di qualche libro spirituale. Quali però e quanti siano i danni che provengono da questa ignoranza, non si
può meglio esprimere che colle parole del profeta Geremia: Desolatione desolata est omnis terra, quia nullus est qui recogitet corde: tutta la terra è in una lagrimevole desolazione, perchè non
v'ha alcuno che riconcentrandosi in sè si applichi alla considerazione. E difatti da tutti si crede di dover morire, ma da pochissimi si pensa a prepararvisi, ed a prevedere le conseguenze. Si
crede che vi è un inferno; ma generalmente non si considera che cosa sia, quanto vi si patisce, e che vi si può cadere da un momento, all'altro. Si crede, ed anche da tutti si spera un paradiso;
ma quasi nessuno pensa a guadagnarselo. Così pure si crede che un Dio ha patito, ed è morto per noi; ma non si pondera quanto ha patito, e le ragioni per cui egli ha patito. Si crede che Dio ci
aina, ci benefica; ma non si considera l'obbligo gravissimo che si ha di riamarlo e di servirlo. Insomma ecco il danno che ci viene dal difetto dell'orazione mentale: si ha la fede, ma una fede
sterile; si crede, ma non si opera in conformità di quello che si crede.
Questa è la ragione per cui non solo tra gl'infedeli, ma eziandio tra i cristiani regna tanta indifferenza per le cose dell'anima, per cui si fa poco, o niun conto della legge santa di Dio, si
disprezzano le pratiche di religione; a dir breve, questa è la ragione di tutti i mali che succedono. Non occorre cercarne altre, perchè tutte si riducono a questa: non si riflette, non si
considera la verità delle cose eterne e spirituali, e perciò si cerca soltanto di vivere alla meglio, e poi quel che sarà, sarà. E notate che non parlo solamente dei semplici secolari, parlo di
tutti. Un'anima senza orazione, diceva S. Teresa, è come un corpo paralitico e storpiato, che sebbene ha piedi e mani, di essi però non si può servire. E voleva dire: è inutile
che :un'auinia. si metta in capo di spogliarsi dei vizi, di vincere le cattive abitudini, di scuoprire gli inganni del demonio, di superare insomma le difficoltà che s'incontrano nella via
dello spirito, se non fa orazione. E se io volessi qui citarvi il sentimento di tutti i santi e maestri della vita spirituale, udireste che tutti si accordano nel dire la medesima cosa. Mi
basterà citarne un solo, ed è il dottore S. Bonaventura. Sentite come scrive questo santo: « Se tu vuoi discuoprire le astuzie del demonio, e liberarti dai suoi inganni, sii uomo di orazione; se
vuoi acquistare virtù e fortezza per vincere le tentazioni, sii uomo di orazione; se vuoi riuscire a mortificare la tua propria volontà, i tuoi affetti e desiderii disordinati, sii uomo di
orazione; se vuoi stare in una santa allegrezza, e batter con piacere la strada della penitenza, sii uomo di orazione; se vuoi allontanare dalla tua mente i cattivi pensieri, e le ansietà
inquietanti, sii uomo di orazione; se vuoi cibare l'anima tua colla grassezza della divozione, ed averla sempre piena di buone riflessioni e di santi affetti, sii uomo di orazione; se vuoi
fortificare e confermare il cuor tuo nella via di Dio, sii uomo di orazione; finalmente se vuoi sradicare da te tutti i vizi, e piantarvi le virtù, sii uomo di orazione : perché
nell'orazione si riceve l'unzione e la grazia dello Spirito Santo, la quale insegna ogni cosa ». Io non so se possa dirsi di meglio.
3.
COME SI FA L'ORAZIONE MENTALE.
PRIMA PARTE: PREPARAZIONE:
A) Preparazione remota; B) Preparazione prossima.
Tutti i maestri di spirito insegnano che all'orazione è necessario premettere una preparazione, che quasi spiani all'anima la via, e l'introduca a trattare con Dio come si conviene. Vediamo
dunque in che consiste questa preparazione.
Due sorte se ne assegnano comunemente: una che si chiama remota, l'altra prossima.
A) Preparazione remota.
La remota consiste nello sbandire da sè ogni affetto al peccato, e nel tenersi lontano dalla dissipazione. Dico dall'affetto al peccato, e non voglio intendere che dunque un peccatore non possa
sperar di essere ascoltato da Dio; ma voglio dire, che colui il quale desidera di fare orazione deve pentirsi dei peccati e volerne l'emenda. Imperocchè è cosa chiara che Dio benedetto non può
fare buon viso ad un'anima che gli si presenta con questo affetto alla colpa. Quando perciò ella prova a far l'orazione, benchè abbia grande impegno, ed anche una certa voglia di considerare le
verità della Fede, non ci riuscirà, almeno nel modo che si richiede per ritrarre gran frutto. Notate ancor di più, che per peccato non intendo solamente quello mortale, ma eziandio il veniale, ed
anche le mancanze avvertite, perchè sono tutte cose che dispiacciono a Dio, e che per conseguenza rendono l'anima indisposta a trattare familiarmente con Lui.
Ho detto in secondo luogo di star lontano dalla dissipazione; perchè la nostra mente, diceano gli antichi, è come la macina del molino, che restituisce quello che vi si mette: se vi si mette
grano, restituisce grano; se vi si mette fava, restituisce fava, se vi si mette paglia, restituisce paglia. Così la nostra mente: quando noi vogliamo che rientri in se stessa, e che si fermi a
riflettere a qualche cosa, ella subito vi trova quello di cui prima si è occupata, nè riesce a pensar ad altro perchè sta tutta ingombra delle idee già prese. Se nel corso della giornata la
lasciate scorrere in cose inutili, impertinenti, distrattive, avete tempo a persuaderla che allora pensi a Dio, alla morte, all'inferno, alla Passione di Gesù Cristo: non ci si riesce. Ed è per
questo che i santi nell'insegnare il modo di fare orazione raccomandano tanto la solitudine, il raccoglimento, come requisiti indispensabili e disposizioni affatto necessarie.
B) Preparazione prossima.
Oltre questa preparazione che si dice remota, avvene un'altra non meno necessaria, che chiamasi prossima. Essa consiste nel fare alcuni atti che dispongano più da vicino, alla santa orazione, e
perciò si fanno sul principio dell'orazione stessa. Io per facilità ve ne suggerisco tre, e difatti a questi si possono ridurre gli altri che si potrebbero fare. Il primo sia un atto di fede, col
quale ci presentiamo a Dio, e ci mettiamo innanzi alla sua divina maestà. Il secondo sia un atto di umiltà, con cui riconosciamo la nostra miseria, il nostro nulla, i nostri peccati, ed insieme
il bisogno che abbiamo dei lumi e della grazia di Dio per conoscere quello che dobbiam fare per la nostra salvezza. Il terzo finalmente sia un atto di preghiera, col quale invochiamo questi lumi,
queste grazie, come farebbe un poverello che chiede l'elemosina. Notare che questi atti debbono farsi colla mente, cioè debbono essere interni, e bisogna procurare che non siano studiati, nè
forzati, ma che si producano spontanei, facili, sebbene più che sia possibile vivi e sentimentosi. Un poverello grandemente bisognoso, che si vedesse innanzi ad un gran personaggio, si sentirebbe
per certo tutto commosso dalla riverenza verso di lui; si confonderebbe tutto, e quasi si vergognerebbe di se stesso; e se pure arrischiasse di dire qualche parola, sarebbe di supplica, parola di
chi domanda soccorso. Ecco, costui fa appunto i tre atti dei quali io vi ho dato cenno; ma li fa tanto naturalmente, tanto intimi e spontanei che quasi neppur esso se ne accorge. Ebbene questo è
il modello di chi vuole disporsi come si conviene alla santa orazione mentale. Questa è la preparazione prossima, vale a dire ciò che dovete fare prima d'incominciare le vostre
considerazioni.
Siccome è un punto che molto importa, mi spiegherò anche meglio con qualche esempio pratico. Adunque subito che vi siete posti in ginocchio pensate che siete alla presenza di Dio, dinanzi a un
Dio alla cui presenza, come dice la Santa Scrittura, tremano i cieli, si scuote la terra, si conturbano gli abissi, e perfino gli angeli si cuoprono il volto per riverenza. Pensate che siete
dinnanzi a quel Dio che vi ha creato, che vi conserva in vita, e da cui dipende tuttociò che potete sperare di bene; che in quel tempo egli vi fa l'inestimabile favore di ammettervi alla sua.
presenza, mentre lascia la maggior parte degli uomini quasi abbandonati a loro stessi. A voi al contrario offre l'opportunità di trattar con lui alla familiare, d'intendere i suoi voleri, di
penetrare ne' suoi ineffabili misteri, di partecipare del suo amore. Pensate che allora voi siete in compagnia degli angeli e dei beati del cielo. Pensate che quello è un momento preziosissimo a
voi conceduto, e dall'uso del quale può dipendere la vostra eterna salute. Questi e simili pensieri sono quelli che vi devono servire per attuare il vostro spirito nella presenza di Dio, e per
muoverlo a sentimenti di ossequio, di rispetto, di adorazione.
Che se questi sentimenti saranno vivi, vedete bene come naturalmente da essi nascerà spontaneo un atto di profonda umiltà. Perocchè se il vostro spirito sarà penetrato e commosso dall'infinita
grandezza, maestà, onnipotenza, bellezza e bontà di Dio, dovrà necessariamente riconoscere subito la miseria e viltà propria, la propria ingratitudine a tanti beni ricevuti, la misericordia che
Dio gli ha usata. Per conseguenza dovrà riconoscere sè medesimo meritevole di confusione, di umiliazione, di castigo; alla stessa guisa che un povero il quale avesse fatto una grave ingiuria al
suo Re senza conoscerlo, e dipoi se lo vedesse tutto sfolgorante di gloria e di potere. Oh! come tremerebbe allora il meschinello! come si confonderebbe dell'operato, e come riconoscerebbe il
dovere di umiliarsi e di pentirsi! Ecco appunto ciò che noi dobbiam fare quando ci siamo posti dinnanzi a Dio: dobbiamo umiliarci, confonderci, perchè dinnanzi a lui siamo niente, ed anche meno
coi nostri peccati.
Come il povero che davanti ad un gran principe trema, si vergogna, e, se pure parla, è solo per chiedere compassione ed aiuto; così, dilettissimi, dobbiamo far noi nel presentarci davanti a Dio.
Dopo esserci umiliati, e di aver riconosciuto la nostra miseria, dobbiamo profittare della misericordia che, Dio ci usa, della confidenza che egli ci dà per supplicarlo ad aiutarci; ed ecco
l'atto di preghiera. Atto che consiste nel fare coll'interno alcune invocazioni, come sarebbero queste: Signore, poichè siete tanto buono, poichè mi avete chiamato a fare questa santa orazione,
deh! concedetemi di farla bene, di ritrarne profitto. Concedetemi di conoscere la vostra santissima volontà, datemi lume per scorgere i miei bisogni, ecc. E si termina coll'invocare ancora
l'aiuto di Maria Santissima, come madre nostra, nostra avvocata e dispensatrice di ogni bene e grazia che Dio concede. Così si possono invocare il Sant'Angelo Custode ed i Santi Protettori,
perché essi intercedano a favor nostro.
Ecco in che consiste la preparazione prossima che forma pure la prima parte dell'orazione mentale. Nè vi si deve spendere molto tempo. Quando l'orazione, si prolunga per un'ora, vi si può
impiegare un sei o sette minuti per tutti e tre salvo il caso che l'anima nel farli vi si trovasse molto raccolta, e vi sperimentasse molta commozione; perchè allora è bene trattenervisi, e tutto
il tempo che vi si spende sarà benissimo speso e sarà quella un'orazione eccellente.
4.
SECONDA PARTE DELL'ORAZIONE MENTALE MEDITAZIONE.
A) Dell'esercizio delle tre potenze dell'anima.
B) Degli affetti da esercitare.
Per capire in che consista questa meditazione, dovete notare il danno gravissimo che in noi ha prodotto il peccato originale. Se Adamo ed Eva non avessero peccato noi saremmo venuti al mondo con
una cognizione più chiara della verità delle cose, avremmo conosciuto facilmente tutta la importanza del nostro fine, tutto il bello della virtù, tutta la convenienza dei nostri doveri; e così
non avremmo sperimentato quelle inclinazioni al vizio ed al male, che ora pur troppo sperimentiamo; ma la nostra volontà avrebbe con facilità cercato il bene vero, e trovato gusto nella pratica
della virtù. Ma dopo quel peccato dei nostri genitori, oh! come si è mutata la scena! Osservate come nella nostra memoria sembra che non si sappiano rappresentare altre cose che le passeggere e
vane di questa misera terra. Il nostro intelletto sembra oscurato, perchè a stento apprende qualche verità, e va soggetto a mille errori. Infine la nostra volontà è divenuta indifferente, anzi
svogliata per il bene e per la virtù, e invece propensa al vizio ed al male.
A) Dell'esercizio delle tre potenze dell'anima.
Ecco pertanto il gran vantaggio che ci arreca la meditazione. Per mezzo di essa, alla nostra memoria si rappresentano le cose quali sono; al nostro intelletto per via di riflessioni si fa
apprèndere il merito di esse, la forza, l'importanza; e con ciò si muove e si spinge la volontà ad approfittare di queste cognizioni per darsi al bene ed alla virtù, riparando così il disordine
prodotto dal peccato originale. Come ben vedete, alla meditazione concorrono tutte e tre le potenze dell'anima, memoria, intelletto e volontà; ma le prime due vi concorrono soltanto come
istrumenti, come mezzi; alla volontà poi tocca la parte principale, tocca raggiungere il fine, e ricavarne il frutto. Infatti varrebbe poco il ricordarsi di una verità, poco il farvi sopra le più
belle considerazioni e riconoscerne l'importanza, se poi la volontà non restasse commossa, e non si venisse ad una risoluzione, ad una mutazione di costumi: sarebbe lo stesso che cucire con ago
senza filo.
Lasciate che io spieghi anche più in particolare queste cose, essendo di grandissima importanza. Ci si propone, a mo' d'esempio, di meditare la morte; e ciò è affinchè noi consideriamo quel che
ci succederà in tal punto, come tutto ci sparirà dinnanzi, Avessimo noi pure acquistato dieci mondi, tutti ci abbandoneranno e ci ritroveremo alla fine cadaveri putrefatti e sepolti. Ora queste
considerazioni ci debbono persuadere della vanità delle cose del mondo, e spingere a provvedere quelle che riguardano l'anima, la quale dopo la morte del corpo deve passare ad una eternità buona
o cattiva, secondo la vita che si sarà menata. Così possiamo dire delle altre cose. Ci si propone a meditare la Passione di Gesù Cristo; affinchè noi consideriamo l'infinita degnazione di un Dio
nel venire in questo mondo a patire per noi; consideriamo che gran male è il peccato, per scontar il quale è bisognato che il Figliuolo stesso di Dio fosse legato, preso a schiaffi, flagellato,
coronato di spine, e crocifisso fra i ladroni; e così dietro queste considerazioni arriviamo a concepire odio al peccato, e ci risolviamo di fuggirlo, ed arriviamo a conoscere l'amore infinito
che un Dio ci ha portato, mentre per salvare noi non dubito di sacrificare il suo medesimo Figliuolo; e così ci muoviamo a corrispondere.
B) Degli affetti da esercitare.
Per affetto si vuol dinotare quel sentimento che si eccita nel cuore, quando si è conosciuto un bene, ovvero un male: nel primo caso si eccita un sentimento di amore verso il bene e di desiderio
di conseseguirlo; nel secondo si eccita un sentimento di odio verso il male, e di attenzione ad evitarlo. Mi spiegherò meglio supponete che ad un avaro si rubi tutto il suo tesoro. Osservate la
sorpresa che egli sperimenta al riceverne la notizia, il dolore da cui è sopraffatto per la perdita, lo sdegno che prova contro colui che glie l'ha rubato, l'inquietezza che sente verso se stesso
per l'usata negligenza nel custodirlo, la risoluzione che infine prende per ritrovarlo. Tutti questi atti, questi sentimenti, queste risoluzioni che nascono, e si sviluppano nell'animo di
quest'avaro, sono del cuore, ossia di quella potenza che si chiama volontà, e si dicono affetti. Quelt'uomo colla mente ha conosciuto la gravezza del danno, e la malizia di chi glie l'ha
cagionato; col cuore ne sente il dolore, e l'avversione, e si risolve a compensarsi. Poniamo un altro caso. Fate che ad un miserabile si presenti l'occasione di guadagnare sicuramente una grossa
fortuna. Voi lo vedrete subito rallegrarsi, e se poteste leggergli nel cuore, lo trovereste tutto pieno di gioia, di speranze, di progetti; non solo, ma ancora tutto sossopra sul da fare per trar
profitto dell'occasione. Or bene tutti questi atti che fa costui, questi sentimenti, queste decisioni, sono altrettanti affetti. Lo stesso diciamo supponendo ciò che succederebbe a voi se vedeste
un povero infelice assalito, e bastonato da un ribaldo. Subito vi sentireste presi da sdegno contro l'assaliore, di compassione verso quel poveretto, e correreste senz'altro a dare a questo aiuto
e difesa. Vedete? Ecco due affetti che si sono suscitati nel vostro cuore, e dai quali è seguita la determinazione presa. Insomma se considerate la cosa, intendereste facilmente che per affetto
si vuol dinotare una commozione, un sentimento che si suscita nel cuore e nella volontà in forza di un'impressione, ossia di una cognizione viva, che si ha nella mente. Quindi tanti sono gli
affetti, quante e diverse sono le cose che ci possono fare impressione. Così p. es. la meditazione della morte cagiona nel cuore il disprezzo delle cose di questo mondo; la meditazione del
giudizio di Dio, e dell'inferno per solito cagionano un salutevole spavento, ed una efficace premura di guardarsi dal anale; la meditazione del paradiso produce santi desideri di acquistarlo; la
meditazione dei beneficai ricevuti da Dio eccita gratitudine, e corrispondenza; quella dei peccati commessi muove a dolore, e pentimento; quella delle pene sofferte dal nostro Signore Gesù Cristo
muove a compassione, a riconoscenza, ad amore verso chi tanto fece per noi, e così andiamo discorrendo.
5.
TERZA PARTE DELL'ORAZIONE MENTALE: CONCLUSIONE.
Ed ora, dilettissimi, veniamo a dire qualche cosa della terza parte dell'orazione mentale, cioè che cosa debba farsi per conchiuderla. Comunemente si assegnano per questa due atti: uno di
ringraziamento a Dio, per il favore che ci ha fatto nell'ammetterci alla sua presenza, nell'ascoltarci e nel darci i suoi santi lumi; l'altro di preghiera per supplicarlo di continuarci la sua
santa grazia per mettere in pratica i lumi che ci ha dato, e quelle buone risoluzioni che abbiamo fatto. Questi due atti si fanno brevemente; e poi avendone il tempo, potreste stendervi secondo
che vi sentite portati, a pregare ancora per gli altri, sia in generale, che in particolare; come per esempio per la S. Chiesa, per la conversione dei peccatori, per i vostri parenti, amici, per
le anime sante del Purgatorio, ecc. E così si termina, ricordandovi ancora qui di rivolgere un amoroso sguardo a Maria Santissima, affinchè si degni di venire in vostro aiuto, e vi ottenga dal
Signore la suddetta grazia di osservare i vostri buoni proponimenti.
del Beato P. Bernardo M. Silvestrelli CP