Che cosa è la Sindone? Secondo la tradizione, la Sindone è il lenzuolo dove fu avvolto, da Giuseppe d'Arimatèa, il corpo di Cristo dopo essere stato deposto dalla croce.
Ripercorriamo questo fatto attraverso la lettura dei Vangeli:
Matteo 27:57..61
<<[57]Venuta la sera giunse un uomo ricco di Arimatèa, chiamato Giuseppe, il quale era diventato anche lui discepolo di Gesù. [58]Egli andò da Pilato e gli chiese il corpo di Gesù. Allora Pilato ordinò che gli fosse consegnato.[59]Giuseppe, preso il corpo di Gesù, lo avvolse in un candido lenzuolo [60]e lo depose nella sua tomba nuova, che si era fatta scavare nella roccia; rotolata poi una gran pietra sulla porta del sepolcro, se ne andò. [61]Erano lì, davanti al sepolcro, Maria di Màgdala e l'altra Maria.>>.
Marco 15:42..47
<<[42]Sopraggiunta ormai la sera, poiché era la Parascève, cioè la vigilia del sabato, [43]Giuseppe d'Arimatèa, membro autorevole del sinedrio, che aspettava anche lui il regno di Dio, andò coraggiosamente da Pilato per chiedere il corpo di Gesù. [44]Pilato si meravigliò che fosse gia morto e, chiamato il centurione, lo interrogò se fosse morto da tempo. [45]Informato dal centurione, concesse la salma a Giuseppe. [46]Egli allora, comprato un lenzuolo, lo calò giù dalla croce e, avvoltolo nel lenzuolo, lo depose in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare un masso contro l'entrata del sepolcro. [47]Intanto Maria di Màgdala e Maria madre di Ioses stavano ad osservare dove veniva deposto.>>
Luca 23:50..56
<<[50]C'era un uomo di nome Giuseppe, membro del sinedrio, persona buona e giusta. [51]Non aveva aderito alla decisione e all'operato degli altri. Egli era di Arimatèa, una città dei Giudei, e aspettava il regno di Dio. [52]Si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù. [53]Lo calò dalla croce, lo avvolse in un lenzuolo e lo depose in una tomba scavata nella roccia, nella quale nessuno era stato ancora deposto. [54]Era il giorno della parascève e gia splendevano le luci del sabato. [55]Le donne che erano venute con Gesù dalla Galilea seguivano Giuseppe; esse osservarono la tomba e come era stato deposto il corpo di Gesù, [56]poi tornarono indietro e prepararono aromi e oli profumati. Il giorno di sabato osservarono il riposo secondo il comandamento.>>
Giovanni 19:38..42
<<[38]Dopo questi fatti, Giuseppe d'Arimatèa, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto per timore dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il corpo di Gesù. [39]Vi andò anche Nicodèmo, quello che in precedenza era andato da lui di notte, e portò una mistura di mirra e di aloe di circa cento libbre. [40]Essi presero allora il corpo di Gesù, e lo avvolsero in bende insieme con oli aromatici, com'è usanza seppellire per i Giudei. [41]Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora deposto. [42]Là dunque deposero Gesù, a motivo della Preparazione dei Giudei, poiché quel sepolcro era vicino.>>
I tre vangeli Sinottici specificano che il corpo di Gesù fu avvolto in un lenzuolo, mentre Giovanni da questo per scontato e passa alla fase successiva (e lo avvolsero in "bende") come ben vedremo in seguito...
Dopo la sepoltura, che cosa accadde? Il Vangelo di Matteo aggiunge un particolare rispetto agli altri tre, particolare che prepara al successivo annuncio della risurrezione.
Matteo 27:62..66
<<[62]Il giorno seguente, quello dopo la Parasceve, si riunirono presso Pilato i sommi sacerdoti e i farisei, dicendo:[63]«Signore, ci siamo ricordati che quell'impostore disse mentre era vivo: Dopo tre giorni risorgerò. [64]Ordina dunque che sia vigilato il sepolcro fino al terzo giorno, perché non vengano i suoi discepoli, lo rubino e poi dicano al popolo: E' risuscitato dai morti. Così quest'ultima impostura sarebbe peggiore della prima!». [65]Pilato disse loro: «Avete la vostra guardia, andate e assicuratevi come credete». [66]Ed essi andarono e assicurarono il sepolcro, sigillando la pietra e mettendovi la guardia.>>.
Il sepolcro "vuoto" (Gv 20: 1..10)
<<[1]Nel giorno dopo il sabato, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di buon mattino, quand'era ancora buio, e vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro. [2]Corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto!». [3]Uscì allora Simon Pietro insieme all'altro discepolo, e si recarono al sepolcro. [4]Correvano insieme tutti e due, ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. [5]Chinatosi, vide le bende per terra, ma non entrò.[6]Giunse intanto anche Simon Pietro che lo seguiva ed entrò nel sepolcro e vide le bende per terra, [7]e il sudario, che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte. [8]Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. [9]Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura, che egli cioè doveva risuscitare dai morti. [10]I discepoli intanto se ne tornarono di nuovo a casa.>>
Innanzitutto è bene precisare che la sindone, di cui parlano i Sinottici ed il sudario di Giovanni non sono la solita cosa, ma sono due cose distinte; infatti molti hanno fatto e fanno confusione tra i due al punto di identificarli entrambi come se fossero la medesima cosa. E' sotto l'influsso delle parole evangeliche che sindone e sudario hanno assunto un significato funerario, mentre in realtà altro non erano che un mero lenzuolo di tela (sindone), ed un comune fazzoletto che serviva per detergere, come dice la parola stessa, il sudore (sudario). Gli ebrei usavano seppellire i morti con le loro vesti, ma nel caso dei condannati a morte le vesti finivano in mano ai soldati, pertanto ci si doveva preoccupare di rivestire il cadavere. A tale scopo Giuseppe d'Arimatea comprò un rotolo di tela di alcuni metri, di cui si servì per ritagliare i pezzi necessari (sindone, sudario, "bende") per ricoprire, avvolgere e legare il corpo di Gesù. L'avvolgimento del cadavere nella sindone era necessario per due motivi: in primo luogo, evitare di toccare direttamente il cadavere così da non incorrere in una grave impurità; in secondo luogo, per una precisazione della Legge ebraica, che imponeva di non lasciare disperdere il sangue dalle ferite di chi fosse morto in modo traumatico. Per l'ebraismo il sangue rappresenta l'uomo stesso: si imponeva di seppellire con il morto anche le zolle di terra su cui qualche goccia fosse caduta.
La fede nel Cristo risorto, secondo l'evangelo di Giovanni, nasce per la prima volta proprio qui, in questo episodio ed esattamente in quel vide e credette. Vedere per credere: è questa la pedagogia usata da Gesù, il quale lascia dei segni, dei segnali che preparano e conducono sulla strada della resurrezione: la pietra ribaltata ed il sepolcro "vuoto" ne sono, appunto, un esempio. Ma che cosa videro i due discepoli ? I versetti che ci descrivono il sepolcro trovato da Pietro e Giovanni presentano un aspetto insieme ordinato e disordinato: sia la sparizione del cadavere che la disposizione delle vesti funerarie trovata, sembrano lanciare un messaggio ambiguo, aperto a tutte le interpretazioni e che non giustifica di certo quel vide e credette.
La pietra ribaltata, le vesti funerarie disposte casualmente ed il sepolcro senza cadavere non sono di certo indizi sufficienti per condurre ad un fede fulminea nella resurrezione, espressa da Giovanni, evangelista e testimone oculare, con quel netto e deciso vide e credette. E questo vale in particolar modo per i discepoli, i quali stavano vivendo, in quelle ore, un profondo sentimento di delusione, di sconfitta, di sgomento e di disperazione per la miserabile ed umiliante fine che aveva fatto il loro Maestro, nel quale avevano riposto ogni speranza e per il quale avevano lasciato tutto.
Non c'è dubbio: i primi due pellegrini a quello che ormai era il Santo Sepolcro osservarono qualcosa di singolare, d'unico, d'irripetibile e d'estremamente convincente che li portò a credere che Gesù era veramente risorto! Non può essere stato altrimenti. Ma quale mirabile segno lasciato da Gesù ebbero modo di ammirare e constatare Pietro e Giovanni in quel sepolcro ?
Matteo 12:38..42
<<[38]Allora alcuni scribi e farisei lo interrogarono: «Maestro, vorremmo che tu ci facessi vedere un segno». Ed egli rispose: [39]«Una generazione perversa e adultera pretende un segno! Ma nessun segno le sarà dato, se non il segno di Giona profeta. [40]Come infatti Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell'uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra. [41]Quelli di Nìnive si alzeranno a giudicare questa generazione e la condanneranno, perché essi si convertirono alla predicazione di Giona. Ecco, ora qui c'è più di Giona! [42]La regina del sud si leverà a giudicare questa generazione e la condannerà, perché essa venne dall'estremità della terra per ascoltare la sapienza di Salomone; ecco, ora qui c'è più di Salomone!>>.
Matteo 16:1..4
<<[1]I farisei e i sadducei si avvicinarono per metterlo alla prova e gli chiesero che mostrasse loro un segno dal cielo.[2]Ma egli rispose: «Quando si fa sera, voi dite: Bel tempo, perché il cielo rosseggia; [3]e al mattino: Oggi burrasca, perché il cielo è rosso cupo. Sapete dunque interpretare l'aspetto del cielo e non sapete distinguere i segni dei tempi?[4]Una generazione perversa e adultera cerca un segno, ma nessun segno le sarà dato se non il segno di Giona». E lasciatili, se ne andò.>>.
Dopo tutte le guarigioni miracolose operate da Gesù, dopo il miracolo della moltiplicazione dei pani ove Gesù sfama più di 5000 persone, dopo aver resuscitato la figlia di Giairo, dopo aver dato prova di dominare le forze della natura (camminando sull'acqua, sedando la tempesta...) e dopo aver liberato alcuni indemoniati, gli scribi, i farisei ed i sadducei hanno la sfrontatezza di chiedere un segno spettacolare. Gesù risponde che un segno sarà dato, ma uno ed uno soltanto: la sua resurrezione dai morti. Questa è la prova incontrovertibile che Egli è veramente colui che afferma di essere: il Figlio di Dio, il Messia atteso dai profeti!
Il segno di Giona: Nella tradizione giudaica il profeta Giona era famoso per la sua liberazione miracolosa, ad opera di Dio, dal ventre del pesce che lo aveva inghiottito e nel quale vi era stato tre giorni e tre notti. Gesù vede in Giona chiuso nel ventre del pesce la permanenza di Cristo nel sepolcro. In modo velato Egli annuncia la sua vittoria finale sulla morte, come Giona infatti fu liberato e riuscì nella missione che Dio gli aveva affidato. In un certo senso, sempre per analogia con Giona, Gesù annunzia anche la predicazione futura dei suoi discepoli, in quanto Giona a seguito della sua liberazione và a predicare a Nìinive, città di pagani. Gli abitanti di Nìnive si convertirono, mentre, come Gesù qui predice, i giudei non si convertiranno e la salvezza sarà offerta anche ai pagani.
La Resurrezione di Gesù è un fatto, una realtà: i due discepoli nel sepolcro osservarono il segno tangibile di questo grande miracolo, di questa liberazione dalla schiavitù della morte. Anche le guardie che vigilavano il sepolcro hanno visto quello che Pietro e Giovanni videro nel sepolcro e lo riferirono ai loro capi. E' questo l'unico segno tangibile che Gesù ha voluto lasciare per tutti, specialmente per i non credenti. Infatti sappiamo che Gesù è apparso ai suoi discepoli diverse volte ed in diversi modi; si è fatto toccare, ha mangiato con loro e li ha ammaestrati, ha quindi dato, a quelli della sua cerchia, molte prove e molti segni di Resurrezione (Atti 1:3). Tuttavia non è apparso ai suoi avversari, non si è mostrato loro risorto, vittorioso, non si è rivendicato... cosa alquanto divina e poco umana, pienamente coerente con la logica evangelica (i pensieri di Dio non sono quelli degli uomini) ed indizio di autenticità dei Vangeli. Non trattandosi dunque di apparizioni, poiché i non amici non avrebbero avuto diritto, di che cosa si tratta ? E' la provasensibile, tangibile, visibile, constatabile ed inconfutabile di Resurrezione che Gesù ha voluto lasciare per condurci alla fede.
Alcuni studiosi molto attenti al problema, tra cui don Antonio Persili e Vittorio Messori, hanno analizzato a fondo i versetti in questione dall'originale greco ed hanno scoperto che i traduttori hanno mal interpretato il passo in questione prendendo dei gravi abbagli e stravolgendo così la traduzione al punto da non far comprendere più quel vide e credette.
Ecco qui di acchito la corretta traduzione dei versetti interessati (Gv 20: 3..8):
<<Uscì allora Simon Pietro insieme all'altro discepolo, e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Chinatosi, scorge le fasce distese, ma non entrò. Giunge intanto anche Simon Pietro che lo seguiva ed entra nel sepolcro e contempla le fasce distese e il sudario, che era sul capo di lui, non disteso con le fasce, ma al contrario avvolto in una posizione unica. Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette.>>.
Analizziamo le differenze:
Nella traduzione ufficiale viene utilizzato il verbo "vedere" per ben tre volte nel passo in questione, mentre nell'originale greco Giovanni utilizza tre verbi distinti: scorgere, contemplare, vedere (blépei, theçrei, eìden), che esprimono una progressione nella ricognizione del sepolcro e nella presa di coscienza della avvenuta Resurrezione... Si inizia con scorgere, ovvero constatare con perplessità, per poi contemplare, ovvero ammirare, guardare attentamente, esaminare per poi finire con vedere pienamente, così da comprendere e da credere. Questa scelta precisa dei verbi utilizzati da Giovanni è molto importante poiché ci mostra dei particolari essenziali per la comprensione dell'epilogo e della visione del sepolcro. Nella traduzione ufficiale, questi particolari essenziali si perdono completamente poiché viene utilizzato sempre il verbo vedere, creduto sinonimo.
Anche il sostantivo "bende" viene utilizzato per ben tre volte nel passo in questione, ma in realtà queste sono fasce(originale greco: othònia). Bende erano quelle che legavano il cadavere di Lazzaro e per indicare le quali lo stesso Giovanni utilizza un diverso sostantivo (11:44). Le fasce, erano più alte delle bende. Queste avvolsero tutto il corpo di Gesù fino al collo, escludendo solo la testa. Tale legatura aveva lo scopo di stringere la sindone al corpo che lo avvolgeva e la funzione di impedire quella troppo rapida evaporazione del liquido aromatico che si sarebbe verificata se la sindone fosse stata a contatto diretto con l'aria. Ecco perché Giovanni, giunto al sepolcro per primo, scorse lefasce distese e non vide il lenzuolo: la sindone era avvolta dalle fasce, ma era intatta, non manomessa, non trafugata. Anche Luca che ci aveva descritto la sepoltura con il lenzuolo (Lc 23:50..56), racconta che Pietro corso al sepolcro vide solo "le bende", cioè le fasce e tornò a casa pieno di stupore per l'accaduto (Lc 24:12).
Sulla testa invece, già coperta dalla sindone, fu soprapposto il sudario. Questa copertura ulteriore serviva sempre per i medesimi scopi delle fasce, ma in aggiunta aveva la funzione di non lasciare in disordine le piegature del lenzuolo all'altezza del volto, visto che tutto il resto del corpo era ordinatamente fasciato. Probabilmente risultò anche necessaria poiché le ferite al volto e al capo, dovute tra l'altro alla corona di spine, furono fonte di una abbondante emorragia che inzuppò cospicuamente il lenzuolo di sangue. In realtà anche a Gesù fu applicato, prima della sindone, un'altrosudario che fungeva da mentoniera, ovvero impediva la vista disdicevole della bocca spalancata. E' anche per questo motivo che l'evangelista Giovanni precisa che Pietro ha visto il sudario che stava all'esterno, sul capo di Gesù, e non quello che stava all'interno, intorno al capo di Gesù.
"per terra" nell'originale greco è keìmena, ovvero il participio passato del verbo keìmai, che significa giacere, essere disteso, seduto, steso, orizzontale; si dice di una cosa bassa in opposizione ad una elevata, eretta. Dunque keìmena tà othònia si deve tradurre con le fasce distese. Giovanni vuole dirci che prima le fasce erano rialzate, poiché all'interno c'era il cadavere di Gesù, mentre adesso le fasce sono distese, abbassate, giacendo nel medesimo posto in cui si trovavano quando contenevano il cadavere di Gesù.
"ma piegato in un luogo a parte" è purtroppo l'infelice traduzione che la CEI adotta per "allà chorìs entetyligménon eis éna tòpon" e che distrugge la mirabile descrizione dell'evangelista, lunga un' intero versetto, riguardo alla posizione assunta dal sudario che era stato messo sulla testa di Gesù. Innanzi tutto "piegato" risulta essere la traduzione arbitraria del participio greco entetyligménon, mentre la corretta traduzione è avvolto. Infatti il verbo entylìsso corrisponde ai verbi "avvolgo, involgo, ravvolgo", che deriva a sua volta dal sostantivo entylé che corrisponde a "coperta, accappatoio", quindi ad oggetti che servono per avvolgere e non per piegare. L'avverbio "chorìs" in italiano significa: "separatamente, a parte, in disparte", ma in senso traslato può significare: "differentemente, al contrario". Qui si vuol dare all'avverbio "chorìs" il significato traslato perché la logica della testimonianza consiste nell'opporre la posizione assunta dalle fasce (distese) a quella, diversa, assunta dal sudario (avvolto). "allà" è l'avversativo "ma" che lega con "chorìs", quindi la prima parte (allà chorìs entetyligménon) si deve tradurre con: "ma al contrario avvolto". Le parole greche "eis éna tòpon", stando al senso immediato si traducono con "in un luogo" ed è per questo che la CEI costruisce la frase "in un luogo a parte", utilizzando "chorìs" in senso locale. Tuttavia la parola greca "tòpos" va intesa come "posizione" e non come "luogo", infatti Giovanni impiega l'intero versetto 7 per descriverci questa posizione particolare assunta dal sudario. La preposizione "eis" e l'aggettivo numerale "èna" in italiano significano rispettivamente "in" ed "uno", tuttavia "eis" nel Nuovo Testamento è usato solo raramente come numerale e per lo più significa: "solo, unico, incomparabile, oppure dotato di una validità unica...". Dunque unico è il significato che Giovanni vuole dare ad "éna" e quindi il sudario era avvolto in una posizione unica, nel senso di singolare, eccezionale, irripetibile. Infatti mentre avrebbe dovuto essere disteso sulla pietra con le fasce, era invece rialzato e avvolto, anche se ormai non avvolgeva più nulla. La posizione del sudario appare unica per eccellenza agli occhi di Pietro e Giovanni, perché è una sfida alla forza di gravità. Concludendo l'analisi delle differenze "eis éna tòpon" va tradotto: "in una posizione unica"
Alla luce di quanto sopra ecco spiegate le ragioni di quell'improvviso e deciso vide e credette, che l'infelice traduzione ufficiale non giustificava, anzi lasciava alquanto increduli...
Ricapitolando, ecco dunque cosa osservarono i due discepoli: videro le fasce che avvolgevano la sindone come svuotate dall'interno, tuttavia intatte, non manomesse, non trafugate, ed il sudario che gli era stato posto sul capoavvolto in una posizione unica, ovvero sempre nella medesima posizione di avvolgimento, anche se ormai non avvolgeva più nulla e quindi era una sfida alla forza di gravità. Da questa visione, Giovanni realizzò che la sparizione del corpo di Gesù non era un fatto stato possibile per mano di uomo e quindi capì che il Signore era veramente risorto e credette.
In seguito avranno poi guardato la sindone, notando che recava l'immagine del Risorto. Un'antica anfora mozarabica canta: <<Pietro e Giovanni corsero al sepolcro e videro nella Sindone le recenti impronte del Morto che era risuscitato…>>. Tuttavia, come il Vangelo ci ricorda, non avevano capito chiaramente la Scrittura in merito alla resurrezione di Gesù dai morti. La capiranno pienamente in seguito, quando scenderà lo Spirito Santo su di loro a Pentecoste e quando Gesù risorto stesso, spiegherà loro le scritture in merito a Lui, a partire da quella stessa sera, quando apparve in mezzo a loro a porte chiuse (Gv 20:19..29).
La prima indicazione scritta su ciò che avvenne della Sindone dopo il suo ritrovamento nel sepolcro vuoto, la ritroviamo nel "Vangelo degli Ebrei": fu ricevuta in custodia da Pietro. Il Telo sindonico era ricettacolo della più grave impurità religiosa perché usato su un cadavere, insanguinato, e contaminato ritualmente. Tale impurità se la trascinava addosso, diffondendola a chiunque l'avesse toccato. Nella cultura ebraica, la purezza tradizionale aveva un ruolo molto sentito, perciò chi si prese il rischio di conservarlo, lo fece con ogni possibile cautela. Sicuramente fu qualcuno che aveva vissuto quelle ore affettivamente molto vicino all'Ucciso. Chi nel nostro secolo ha scetticamente preteso documentazioni circostanziate sui primissimi anni della sua storia, non ha realisticamente valutato i timori e le tensioni che i suoi custodi si sono trovati a vivere. E' da ricordare inoltre che i cristiani, nei primi secoli, hanno vissuto, per così dire, in clandestinità, poiché perseguitati.
Oggi la Sindone è conservata nel Duomo di Torino, sin dal 1578. Ma vediamo di ripercorrere le principali date della sua storia nel corso dei secoli:
7 Aprile del 30 d.C. |
Gesù, calato dalla croce, fu avvolto in un candido lenzuolo e sepolto in una tomba nuova, scavata sulla roccia. La mattina di Pasqua questo lenzuolo viene trovato vuoto. Nell'ambiente ebraico, un lenzuolo che ha avvolto un morto, per di più di un bestemmiatore, è considerato oggetto impuro, dunque da non esporre, perciò resta nascosto. |
II° Sec. |
Si parla di un Santo Volto di Cristo, su stoffa, venerato ad Edessa, oggi Urfa, Turchia. |
525 |
Durante un restauro, a Edessa viene alla luce un'immagine achiròpita, cioè non fatta da mani umane, dettaMandylion, che significa telo o fazzoletto. |
944 |
Il Mandylion è portato a Costantinopoli. Alla Sindone si ispira la leggenda delle gambe asimmetriche del Crocifisso, che si ritrovano nell'arte curva bizantina e nelle croci russe che hanno il poggiapiedi inclinato. |
1147 |
A Costantinopoli, il re di Francia, Luigi VII, venera la Sindone. |
1171 |
Manuele I Comneno mostra ad Amalrico, re dei Latini di Gerusalemme, le reliquie della passione, tra cui la Sindone. |
1204 |
Robert de Clary, cronista alla IV Crociata, scrive che "tutti i venerdì la Sindone è esposta a Costantinopoli... ma nessuno sa dove sia andata a finire dopo che fu saccheggiata la città". La Sindone è nascosta per timore della scomunica comminata ai ladri di reliquie. |
1307 |
I Templari sono condannati come eretici anche per il culto segreto d'un Volto Santo che pare riprodotto dalla sindone. Uno di loro sì Chiamava Geoffroy de Charny. |
1356 |
Geoffroy de Charny, cavaliere crociato omonimo del precedente, consegna la Sindone, in suo possesso da almeno tre anni, ai canonici di Lirey, presso Troyes, in Francia. |
1389 |
Pierre d’Aricis, vescovo di Troyes, proibisce l’ostensione della Sindone. |
1390 |
Clemente VII, antipapa di Avignone, tratta della Sindone in due Bolle. |
1453 |
Marguerite de Charny, discendente di Geoffroy, cede la Sindone ad Anna di Lusignano, moglie del duca Ludovico di Savoia, che la custodirà a Chambéry. |
1506 |
Papa Giulio II approva l'Ufficiatura della Sindone. |
1532 |
Nella notte fra il 3 e il 4 dicembre, incendio a Chambéry: l'urna della Sindone ha un lato arroventato ed alcune gocce di metallo fuso attraverso i diversi strati ripiegati. Due anni dopo le Clarisse cuciranno i rattoppi oggi visibili. |
1535 |
Per motivi bellici il Lenzuolo è trasferito a Torino e successivamente a Vercelli, Milano, Nizza e di nuovo Vercelli; qui rimane fino al 1561. |
1578 |
Emanuele Filiberto trasferisce la Sindone a Torino, per abbreviare il viaggio a san Carlo Borromeo che vuole venerarla per sciogliere un voto. Ostensioni pubbliche, per particolari celebrazioni di casa Savoia o per i giubilei, si succedono circa ogni 30 anni. |
1694 |
La Sindone è sistemata nella Cappella annessa al Duomo di Torino, eretta da Guarino Guarini. Sebastiano Valfrè rinforza i rammendi. |
1706 |
In giugno la Sindone viene trasferita a Genova a causa dell’assedio di Torino, al termine del quale, in ottobre, viene riportata nel capoluogo piemontese. |
1898 |
Prima fotografia eseguita dall'avvocato Secondo Pia. |
1931 |
Nuove fotografie del fotografo professionista Giuseppe Enrie. |
1933 |
Ostensione per il XIX centenario della Redenzione |
1939-1946 |
Durante la II° guerra mondiale, la Sindone viene nascosta nel Santuario di Montevergine ad Avellino. |
1969 |
Ricognizione di esperti. Prime fotografie a colori di Giovanni Battista Judica Cordiglia. |
1973 |
Il 23 novembre: ostensione televisiva in diretta. |
1978 |
Dal 26 agosto all'8 ottobre: ostensione per il IV centenario del trasferimento della Sindone a Torino, e Congresso internazionale di studio. |
1980 |
Durante la visita a Torino il 13 aprile, il papa Giovanni Paolo II ha modo di venerare la Sindone nel corso di un’ostensione privata. |
1983 |
Il 18 marzo Uberto II di Savoia muore e nel testamento dona la Sindone alla Santa Sede. Per decisione papale, la reliquia resterà a Torino. |
1988 |
Tentativo di datazione col metodo del radiocarbonio, che fa risalire la sindone al Medio Evo, circa 1260-1390. |
1992 |
Il 7 settembre ci fu una ricongiunzione di esperti per studiare come garantire la migliore conservazione. |
1993 |
La Sindone è temporaneamente trasferita dietro l'altar maggiore del Duomo di Torino durante i restauri della Cappella del Guarini. |
1995 |
Lo scienziato russo Dmitri Kouznetsov dimostra sperimentalmente che l'incendio del 1532 ha modificato la quantità di carbonio radioattivo presente nella Sindone. Lo scambio è di grande entità: circa il 25% del totale. Di conseguenza la datazione ottenuta in precedenza è alterata ed in base a questo dato, la nuova datazione può essere ricondotta al I° secolo d.C. |
1997 |
La notte tra l'11-12 aprile un furioso incendio rovina la Cappella del Guarini e l'attiguo palazzo reale. La Sindone viene portata in salvo appena in tempo e sembra proprio che non abbia subito danni. |
1998 |
Dal 18 Aprile al 14 Giugno, ostensione pubblica per il centenario della prima fotografia. |
2000 |
Dal 12 Agosto al 22 Ottobre, ostensione per il Giubileo. |
2002 | La Sindone è sottoposta a un intervento di restauro conservativo: tra l'altro vengono rimosse le toppe e il telo di sostegno applicati dopo l'incendio del 1532 |
2010 | Dal 10 Aprile al 23 Maggio, ostenzione autorizzata da Benedetto XVI, con il motto: Passio Christi, passio hominis. |
Adesso diamo uno sguardo alle Sindone, osservandone l'ostensione:
La Sindone e un sottile lenzuolo rettangolare in lino spigato color avorio. È lunga circa 4 metri e 36 centimetri, larga un metro e dieci. Il suo spessore è di 3 decimi di millimetro. Il lino della Sindone è stato filato a mano, con una torsione delle fibre in senso orario; nel lino sono presenti anche alcune fibre di cotone. Il tessuto è a spina di pesce, con in media 39 fili d'ordito per centimetro, cui corrispondono in media 26 passaggi di trama. Questi dati si rifanno agli usi della tessitura mediorientale nei primi secoli, e divergono dalle tecniche di tessitura più recenti. Il Lenzuolo è simile a quelli di antiche sepolture e mostra la doppia impronta dorsale e frontale d'un Uomo martoriato, impressa inspiegabilmente in negativo; infatti, osservando il negativo della Sindone, si nota che le macchie scure nell'originale diventano chiare e le parti chiare diventano scure.
Negativo della Sindone.
La figura frontale e dorsale dell'Uomo che ritroviamo sulla Sindone è coerente con l usanza secondo la quale si adagiava il defunto sul lenzuolo.La stoffa è chiara e la figura appare appena più scura, tenue ma indelebile, per ingiallimento superficiale dei fili. Per capire qualcosa dell'immagine bisogna stare ad almeno 3 metri di distanza; se ci avviciniamo ulteriormente non riusciamo a distinguerla. L'immagine è visibile solo dalla parte interna, ovvero quella che era a contatto con il Defunto; dall'altro lato non si vede alcun immagine, ma solo i risvolti di sangue. Destra e sinistra dell'immagine che osserviamo sul telo, risultano essere invertite, come in uno specchio, rispetto alla visione comune faccia a faccia. E' con il negativo fotografica che otteniamo l'immagine dell'Uomo frontale, come se ci stesse d'innanzi. Sono evidenti due righe scure, che si allargano in otto macchie simmetriche: sono le bruciature prodotte da un incendio del 3 dicembre 1532 nella cappella di Chambéry. La Sindone era conservata in un cofano rivestito d'argento: fu salvata dal fuoco quando il metallo cominciava a fondere, e rimase seriamente danneggiata lungo le pieghe irrimediabilmente carbonizzate. L'acqua usata per spegnere l'incendio inzuppò il lenzuolo, formando gli aloni romboidali visibili lungo la linea centrale e sui bordi. Le otto coppie di triangoli più chiari sono tele cucite, dalle Clarisse, nel successivo rattoppo, al posto delle parti bruciate. La Sindone è un reperto archeologico unico nel suo genere.Non esiste nulla di simile. Si sono occupati dell'argomento studiosi di storia, storia dell'arte, archeologia, iconografia, numismatica, fotografia, microscopia, anatomia, scienza dei tessuti, palinologia, eidomatica, patologia, traumatologia, radiologia, fisica, chimica, biologia, microbiologia, informatica, matematica, storia della cultura, antropologia, |
diritto romano riguardante la crocifissione, usi ebraici di sepoltura, esegesi biblica, teologia. Non è certamente azzardato definire la Sindone il reperto archeologico più studiato in assoluto. Da tali sudi, sia storici che scientifici, è nata una vera e propria disciplina: la Sindonologia.
Al Microscopio
Sul Lenzuolo sono presenti macchie di sangue in positivo, dichiarate dai biologi irripetibili con il pennello, che la ricerca scientifica ha dimostrato essere vero sangue umano maschile del gruppo AB, che all’analisi del DNA è risultato molto antico. Tra le varie colature di sangue gli esperti hanno stabilito quali sono di sangue venoso e quali di sangue arterioso. Inoltre le colature ematiche rispettano la legge di gravità e fanno pensare ad una agonia a braccia distese in stato di forte adduzione appeso ad un patibolo. Una conferma si ha osservando il volto: tutti i risvolti di sangue colano verso l’esterno, perché l’uomo era chinato in avanti. Il sangue non invase le occhiaie ne colò lateralmente, come sarebbe avvenuto se fosse morto disteso a terra. Sotto le macchie di sangue non esiste immagine del corpo: il sangue, depositatosi per primo sulla tela, ha schermato la zona sottostante.
Interessante il confronto con gli studi compiuti sui resti del miracolo eucaristico di Lanciano (Chieti). Qui nel sec. VIII, nella chiesa di san Legonziano, nelle mani di un monaco basiliano che dubitava della presenza reale di Cristo nelle specie eucaristiche, al momento della consacrazione l'ostia diventò carne e il vino si mutò in sangue. Dalle indagini compiute nel 1970 dall’aretino Odoardo Linoli, libero docente in anatomia e istologia patologica e in chimica e microscopia clinica all'Università di Siena, risultò che la carne è vero tessuto miocardico di un cuore umano e il sangue è autentico sangue umano del gruppo AB. |
Nondimeno gli studi copiuti sul Sudario di Oviedo (conservato in Spagna) dal sindonologo Pierluigi Baima Bollone, dai quali risulta che le macchie di sangue presenti sul Sudario appartengono al gruppo sanguigno AB. Secondo la tradizione questo è il sudario che fu applicato al volto di Gesù durante la sua sepoltua. Altri studiosi hanno sovrapposto il Sudario al volto della Sindone ed hanno constatato che la forma delle macchie sul Sudario presenta una compatibilità molto buona con l'immagine del volto impresso sulla Sindone e numerosi dettagli coincidono, ovvero esistono oltre cento punti di congruenza tra le due figure. |
Nel Telo sindonico sono presenti anche abbondanti tracce di aloe e mirra. Un miscela di aloe e mirra veniva usata in Palestina nella preparazione alla sepoltura ed è citata dal Vangelo di Giovanni come una miscela per onorare il corpo di Gesù. Aloe e mirra venivano usati nelle sepolture per profumare il cadavere e rallentare i processi di decomposizione. Anche una grande abbondanza di pollini è stata trovata nella Sindone, molti dei quali di provenienza mediorientale, che testimoniano la presenza della Sindone non solo in Europa, ma anche nel vicino Oriente. Inoltre tracce di Aragonite, minerale comune trovato nelle grotte a Gerusalemme, sono presenti sul Telo.
La natura chimica dell'immagine è dovuta a degradazione per disidratazione e ossidazione delle fibrille superficiali senza sostanze di apporto. L'immagine è superficiale, dettagliata, termicamente e chimicamente stabile.E' stabile anche all'acqua, non è composta da pigmenti ed è priva di direzionalità.
Restauri sulla Sindone:
II/IX sec. |
Nascondimenti, piegature a quadro: Gerusalemme, Pella, Edessa |
1....? | Incendio e Riparazioni? |
944/1204 | Ritagli per Reliquie e Restauri: Costantinopoli |
1534 | Rattoppi, Rappezzi, Fodera: Clarisse – Chambéry |
1694 | Restauri vari: ven. Sebastiano Valfrè |
1868 | Rammendi e Fodera: principe Clotilde Savoia Bonaparte |
1973 | Rammendi: Monache di S. Giuseppe – Torino |
2002 |
La Sindone è sottoposta a un intervento di restauro conservativo: tra l'altro vengono rimosse le toppe e il telo di sostegno applicati dopo l'incendio del 1532. |
Sindone dopo il restauro del 2002
Gli incendi e la datazione Radiocarbonica
Nel corso dei secoli la Sindone ha subito almeno due incendi, uno nella notte tra il 3 e il 4 dicembre del 1532 e l'altro tra il giorno 11 e 12 Aprile del 1997. Probabilmente questa reliquia deve dare molta noia al demonio, il quale vuole proprio bruciarla e farla sparire. Suo malgrado non c'è riuscito, tuttavia l'ha rovinata e ha fatto in modo che il primo tentativo di datazione col metodo del carbonio, avvenuto nel 1988, desse una data che risalire al Medio Evo (1260-1390).
L’incendio ha alterato il telo
Nel 1995 lo scienziato russo Dmitri Kouznetsov, direttore dei E.A. Sedov Biopolymer Research Labotatories di Mosca, premio Lenin, dimostrò sperimentalmente che l'incendio del 1532 ha modificato cospicuamente la quantità di carbonio radioattivo presente nella Sindone. Egli analizzando i dati pubblicati su Nature ha rivelato che i tre laboratori, dove è stata effettuata la radiodatazione, non hanno tenuto conto di tre fattori fondamentali:
Va sottolineato che le trasformazioni del lino dovute all'incendio e all'azione microbica sono di natura chimica e non fisica: perciò i solventi e le tecniche di pulizia usate dai laboratori della radiodatazione, che rimuovono la contaminazione di tipo fisico, come la sporcizia, non rimuovono i gruppi contenenti carbonio che si sono aggiunti, perché essi formano legami chimici direttamente con le molecole della cellulosa stessa. Il combinato ritocco dovuto ai tre fattori ha portato Dmitri Kouznetsov a spostare indietro di 13 secoli la datazione medievale dei tre laboratori e dunque a collocare nel primo secolo l'età della Sindone. Sperimentalmente lo scienziato ha simulato, su un campione d'antico lino giudaico risalenti all’epoca di Cristo, le condizioni cui era stato sottoposta la Sindone nell’incendio del 1532. Poi il campione fu radiodatato, con il metodo applicato alla Sindone di Torino e si ottenne una datazione di molti secoli dopo, ovvero del 1200 d.C.. Prima della simulazione il campione invece aveva dato come risultato della radiodatazione una data compresa tra Il 100 a.C. e il 100 d.C.
La patina biologica
Leoncio Garza Valdés, ricercatore dell'Istituto di Microbiologia dell'Università di San Antonio (Texas) afferma di aver identificato, su un campione di Sindone fornitogli non ufficialmente da Giovanni Riggi, la presenza di un complesso biologico, composto di funghi e batteri, che ricopre come una patina i fili e non è eliminabile con i consueti trattamenti di pulizia. Esso perciò avrebbe falsato la datazione radiocarbonica. Una mummia egiziana conservata nel Museo di Manchester ha fornito addirittura date diverse per le ossa e le bende; queste ultime sono risultate 800-1.000 anni più "giovani" delle ossa. Un interessante esperimento è stato condotto da Garza Valdés, il quale ha trattato un campione delle bende della mummia con uno speciale preparato enzimatico che rimuove il rivestimento batterico. Datando la stoffa dopo questa pulizia speciale si è ottenuta la stessa età del cadavere.
Considerazioni sui campioni
Il peso medio per centimetro quadrato della Sindone è di circa 25 mg, ma nel punto in cui fu asportato il campione per la radiodatazione il peso è oltre 49 mg. Secondo Maria Grazia Siliato tale punto non sarebbe una parte idonea per la valutazione, ma una parte marginale che ha subito maggiormente contaminazioni. C'è poi da tenere presente che tale telo ha subito molte vicissitudini: incendi, restauri, acqua, esposizioni all’ambiente esterno, al fumo delle candele, ed è stato toccato da molte mani.
Note sul metodo del radiocarbonio
Tutti gli esperti di studi sul radiocarbonio concordano sul fatto che questo è un metodo per la datazione che fornisce risultai probabili, non sicuri. Questo è un punto molto importante: probabilità, non certezza! Per questo motivo il termine "verdetto", secondo Kouznetsov non è corretto riguardo ai risultati di radiodatazione. Il metodo di datazione col carbonio è basato sulla variazione del rapporto del carbonio 14 sul carbonio 13 contenuti negli oggetti. Se tali quantità vengono alterate, intrinsecamente e/o estrinsecamente, la datazione viene falsata.
Frazionamento isotopico su organismi viventi
Tutti gli esseri viventi possono ridistribuire isotopi sul loro organismo con il fenomeno detto "biofrazionamento isotopico". Piante viventi come il lino possono distribuire diversamente gli isotopi di carbonio nei propri tessuti. Il lino è costituito per il 95% di cellulosa che deriva dalla pianta di lino, e che non ha più del 7-8% di contenuto in materia "secca". In questa piccola porzione della pianta del lino, è concentrato il 67-70% di tutto il quantitativo di carbonio 14. Ciò significa ovviamente che la fibra del lino è relativamente molto più ricca di carbonio 14 rispetto alla pianta. Questo concetto andrebbe tenuto in conto nei modelli classici di radiodatazione col carbonio.Nelle ricerche eseguite nel 1988 sulla Sindone di Torino col radiocarbonio sono stati utilizzati modelli classici non modificati, introdotti originariamente negli anni '50 per i fossili e non per i tessuti. In tali modelli c'è un presupposto secondo cui al tempo zero della datazione il contenuto di radiocarbonio nel lino e nella pianta del lino è uguale, invece ciò non è corretto perché il frazionamento isotopico della pianta di lino fa sì che la fibra lavorata di lino sia molto più ricca in radiocarbonio rispetto alla sua pianta originale.
Casi clamorosi di radiodatazione ottenuti con il metodo del carbonio:
Alla luce di quanto sopra ecco un elenco di datazioni note, ottenute con il test del carbonio, che hanno fornito date clamorosamente inverosimili:
Perplessità sullo svolgimento dell'esame di radiodatazione della Sindone di Torino:
La datazione è stata effettuata dai laboratori di Oxford, Tucson e Zurigo. Il risultato, 1260 - 1390 d.C., è stato annunciato il 13/10/1988 e pubblicato su Nature il 16/02/1989. Di seguito sono elencati i punti che evidenziano le perplessità sullo svolgimento ed i sospetti in merito alla correttezza dell'esame di radiodatazione della Sindone di Torino:
Per i motivi sopra elencati, molti scienziati, ritengono la datazione radiocarbonica effettuata per nulla attendibile. Per la vera Scienza sarebbe opportuno ripetere la datazione radiocarbonica considerando i fattori sopra esposti. Si potrebbe inoltre tentare la datazione anche con altri metodi, tra cui quello dell'analisi del grado di depolimerizzazione della cellulosa del lino. Essa va però inserita in un contesto multi disciplinare di altri esami, con controlli rigorosi di tutte le operazioni.
Nel corso della storia non si era mai dubitato dell'autenticità del lenzuolo, solo un esame affrettato di datazione ha seminato zizzania.
Elaborazione della Sindone al Computer
La ricerca scientifica sulla Sindone ha raggiunto importanti risultati grazie al contributo dell'informatica. In particolare, l'eidomatica (contrazione della parte iniziale della parola greca "eidos" che significa immagine e di quella finale del termine "informatica"), cioè la disciplina informatica che si occupa delle metodologie atte a elaborare immagini mediante computer. Questa si è mossa su due principali linee di interesse:
· Esaltazione del contenuto di informazioni presenti sulla Sindone per confrontarle con la descrizione evangelica.
· Individuazione di caratteristiche peculiari dell'immagine al fine di contribuire ad affermare che l'impronta presente sul telo è il segno lasciato da un cadavere sottoposto a martirio.
L'acquisizione delle immagini su computer è stata eseguita dalle immagini ufficiali della Sindone realizzate con pellicola monocromatica dal cav. Giuseppe Enrie nel 1931. L'elaborazione eidomatica ha mostrato che la Sindone possiede insospettate informazioni tridimensionali, che non appartengono né ai dipinti né alle normali fotografie.
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A sinistra: fotografia del volto della Sindone in negativo.
Al centro: elaborazione 3D del volto sindonico.
A destra: volto della Sindone in 3D purificato dalle ferite.
Le due elaborazioni eidomatiche del volto e del corpo sono molto importanti perché hanno consentito di rilevare numerosi dettagli e particolari che nelle immagini bidimensionali originali non sono riscontrabili, oppure lo sono in modo dubbio Con l'ausilio dei dati forniti dall'elaborazione eidomatica, si possono leggere nei dettagli tutte le torture subite dell'Uomo della Sindone e che sono descritte nei vangeli. Il fatto che taluni particolari siano emersi soltanto dopo l'elaborazione tridimensionale esclude la possibilità di un qualunque intervento manuale nella formazione dell'immagine sindonica. E' infatti, inconcepibile che particolari significativi, invisibili ad occhio nudo e visibili solo dopo l'elaborazione, siano stati inseriti in modo artificioso sull'immagine.
L'elaborazione tridimensionale ha consentito di individuare sull'occhio destro e sul sopracciglio sinistro dell'Uomo della Sindone le tracce di due piccole monete, poste per tenere chiuse le palpebre.
La prima è un dilepton lituus, leggibile, datata dell'anno XVI di Tiberio Cesare, corrispondente all'anno 29 d.C. di Ponzio Pilato. Coniata soltanto in quel periodo, circolava nei mercati ebrei ed aveva il valore di pochi spiccioli. Presenta l'immagine di un pastorale
Luca 3:1..2
<< [1]Nell'anno decimoquinto dell'impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetrarca dell'Iturèa e della Traconìtide, e Lisània tetrarca dell'Abilène,[2]sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di Dio scese su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto.>>.
Tale moneta è stata messa in circolazione un anno dopo l'inizio della predicazione di Giovanni il Battista. L'altra moneta è un simpulum del medesimo anno. La prova dell'esistenza di impronte di monete sull'immagine sindonica fornisce un'ulteriore conferma dell'autenticità del telo, datandolo in modo intrinseco. E' infatti impossibile che nel processo di realizzazione di un artefatto, un falsario di epoca medievale abbia introdotto un'informazione così particolare, non visibile in modo immediato a occhio nudo e associata a un'usanza non nota a quell'epoca. Solo recenti ricerche storico-archeologiche riferiscono infatti dell'usanza funebre dei tempi di Cristo di porre monete sugli occhi dei cadaveri, con lo scopo di impedire il sollevamento delle palpebre o anche solo come gesto rituale simbolico.
Grazie a questo studio è stato possibile appurare che l'immagine impressa sul Telo NON è un dipinto, ed è stata lasciata dal cadavere di un uomo flagellato e crocifisso!
Ricerche paleografiche:
Le ricerche paleografiche sono state effettuate sulle immagini fotografiche computerizzate della Sindone per rivelare eventuali segni grafici presenti sul Telo. Accurate e pazienti ricerche con l'avanzatissimo Microdensitometro dell'istituto d'Orsay di Parigi, hanno fatto affiorare tracce grafiche, secondo un preciso Modulo Paleografico, nei pressi del volto. Secondo i Paleografi sono caratteri greci. Essi riporterebbero due scritte sbiadite; una alla sinistra del volto scritta da lato : "Nazarenus" e l'altra sotto il mento: "IHSOY", Jeshua in ebraico. Sulla foto positiva si vedono scritti al rovescio, da sinistra a destra, come in uno specchio, mentre si riposizionano nella maniera normale e leggibile nel negativo della foto. Questo conferma che furono scritti sul lato rovescio del Telo. Quel che affiora sul lato diritto è un loro antichissimo resto di colore, passato attraverso la stoffa. E' un residuo di colorazione rossastra, debolissima, perduta tra le irregolarità della tessitura e i segni dell'Impronta
Schematizzazione ricostruttiva dei caratteri rovesciati affiorati dal Telo sulla foto positiva. |
Schematizzazione ricostruttiva dei caratteri dritti affiorati dal Telo sulla foto negativa. |
Tutto ciò propone l'evidenza archeologica che, sul telo coprente il cadavere, l'autorità romana ne certificò l'identità, la sentenza di morte, l'esecuzione avvenuta. La posizione delle scritte è coerente con la meccanica stessa dell'operazione di scrittura. C'è infatti archeologicamente e documentalmente nota la conformazione del sepolcro, del piano su cui fu posato il Cadavere, con i piedi verso l'ingresso secondo, l'uso, con la parete di pietra lungo il suo fianco sinistro e la volta ricurva sul suo capo. Ora l'iscrizione laterale alla sinistra del Volto è disposta nel modo più coerente e comodo a chi, scrivendola, si trovasse sul fianco destro del Cadavere; e così coerente è anche la scritta sotto il mento. Questo lo definirei un ulteriore segno cautelativo da parte di Pilato, oltre la legatura del corpo con le bende, la chiusura del sepolcro con una pesantissima pietra (contro le consuetudini ebraiche), l'applicazione dei sigilli, la guardia a vigilare il sepolcro, nella malaugurata evenienza della ricomparsa di "un falso messia" redivivo che riassumesse l'identità di quel Morto; si poteva dimostrare che il Cadavere lì sepolto, da parte di Pilato, era quello e nessun altro.
L'elevata definizione delle immagini tridimensionali ha permesso di ricavare il volto naturale dell'Uomo della Sindone. Questo risultato consente di verificare da un punto di vista eidomatica la corrispondenza, sostenuta dalla ricerca storico-iconografica, tra il volto dell'Uomo della Sindone e le più importanti icone raffiguranti il volto di Cristo. Per effettuare il confronto nella maniera più diretta è stato necessario ricavare una rappresentazione diretta e frontale del volto mediante una trasformazione di rotoscalamento. Ecco il risultato:
Un contributo importante per l'identificazione dell'uomo della sindone viene da Rebecca Jackson, ricercatrice d'origine ebrea, che ne ha studiato i tratti somatici e sostiene che si tratta sicuramente di un ebreo! Questo si evince in modo particolare da tre elementi:
Il volto in negativo rivela un atteggiamento d'impressionante maestà, con gli occhi chiusi per la morte. Salmo 31:17: <<fa splendere il tuo volto sul tuo servo, salvami per la tua misericordia>>. |
Dalla Sindone un volto ufficiale per l'arte
Dal IV secolo, il volto di Gesù è sempre rappresentato "secondo la Sindone" con grandi occhiaie asimmetriche, barba lunga, capelli divaricati che coprono le orecchie, baffi cadenti. Tali caratteristiche s'imposero come canoniche ed ufficiali. Alla Sindone s'ispira particolarmente l'arte Bizantina. Sulle monete il volto di Cristo d'ispirazione sindonica diventa ufficiale come icona imperiale con Giustiniano II, 685-695. |
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Il brano che segue presenta la leggenda dell'icona d'Edessa, riportata da Evagrio (VII sec.) nella Storia Ecclesiastica (Patrologia Greca 86,2,2748). Già
nella metà del IV secolo Niceforo Calistas raccontava che la prima icona di Cristo fu inviata dallo stesso Gesù al re Abgar Ukkama, principe di Osroeme.
Il re di Edessa Abgar V Ukkama, principe dell'Osroeme, era lebbroso. Egli mandò il suo archivista Hannan a cercare Gesù perché lo guarisse. Poiché Gesù non poteva venire, Hannan cercò di fare il suo ritratto ma non fu possibile "a causa della gloria indicibile del suo volto che cambiava nella grazia". Allora Cristo prese lui stesso un panno che applicò sul volto e i suoi tratti si fissarono sul panno, mandylion, fazzoletto. Alla vista del VOLTO fissato sul mandylion il re guarì e si convertì. Abgar fu battezzato dall'apostolo Taddeo quando giunse ad Edessa. In seguito il figlio di Abgar tornò al paganesimo e, per questo, il vescovo d'Edessa fece murare il "Santo Volto". |
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La leggenda colora forse di devota fantasia la storia della vera Sindone. Anticamente infatti si venerava a Edessa l'immagine d'un Volto Santo ritenuta prodigiosa e detta theotèuktos (fatta da Dio) o achiròpita (non fatta da mani d'uomo). Secondo gli studiosi il celebre Mandylion (telo, fazzoletto) di Edessa, descritto come tetradìplon cioè piegato due volte in quattro, era la Sindone ripiegata entro una grata-ostensorio che lasciava vedere solo il volto. Probabilmente non si volevano esporre i segni della passione del Signore, in quei primi anni di fede entusiasta ma insicura. Allo scoppio di una persecuzione il Mandylion fu murato in una nicchia e se ne perse il ricordo finché nel 525, durante lavori di restauro alle mura della città, riapparve fortunatamente intatto. Quando nel 639 gli Arabi occuparono Edessa, per non provocare sollevazioni del popolo, tollerarono la venerazione del Santo Volto, la cui festa si celebrava solennemente in tutto l'Oriente. Poi il Mandylion, dietro versamento di un cospicuo riscatto agli invasori mussulmani, fu portato a Costantinopoli. Qui la Sindone fu venerata per circa tre secoli, come risulta da cronisti storici e pellegrini. In seguito al saccheggio di Costantinopoli (1204) si perse traccia della Sindone; riappare nel secolo XIV in Francia, per mano di un cavaliere crociato.. Il mandylion nel 787 d.C. in occasione del II° concilio di Nicea, è l'argomento principale a difesa della legittimità dell'uso delle immagini sacre contro le tesi dell'iconografia. |
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L'imperatore Costantino, dopo le vittorie di Giovanni Kurkuas in Oriente, nella primavera del 943 aveva acquistato il Santo volto al prezzo di 200 prigionieri saraceni e 12.000 denari d'argento. Il 16 agosto 944 celebrò la festa della traslazione del Santo Volto a Costantinopoli. Oggi è festa del Volto Santo. Così fu conosciuto il mandylion in tutta Europa. Da qui partì la moda delle icone del Santo Volto (Laon, il velo di Veronica). |
Alcune delle più note ed importanti icone di Cristo a partire dal VI secolo sono state acquisite al computer al fine di effettuare un'analisi comparativa con l'immagine tridimensionale diretta e priva di ferite dell'uomo della Sindone.
In alto a sinistra abbiamo il Cristo del Mandylion (VI sec.), a destra Cristo Pantocratore (XI sec.), in basso a sinistra Cristo Benedicente (XII sec.) ed in basso a destra Cristo del Monastero di Chilandari (XIII sec.). A lato è riportato il confronto per sovrapposizione, che mette in risalto l'esistenza di lineamenti comuni a conferma dell'unicità dell'immagine di Cristo tramandata nei secoli. Si noti infatti la coincidenza del profilo del volto, l'aspetto allungato della piramide nasale e l'andamento delle arcate sopraccigliari. I risultati ottenuti evidenziano un altissimo numero di punti di congruenza tali da far ritenere molto probabile l'ipotesi che il volto dell'Uomo della Sindone sia stato il prototipo al quale l'iconografia cristiana si è ispirata almeno a partire dal VI secolo. In particolare il volto sindonico sovrapposto al Mandylion del VI secolo presenta circa ben 250 punti di congruenza. Secondo il criterio legale americano di comparazione delle immagini, sono sufficienti 60 punti di congruenza (punti di sovrapponibilità fra due figure) per affermare che due immagini sono della stessa persona.
L'asimmetria degli arti inferiori che si osserva sulla Sindone, dovuta alla maggiore flessione della gamba sinistra (rigidità statuaria dopo la morte), fa nascere la leggenda del Cristo zoppo. Nell'arte bizantina troviamo raffigurato il Cristo, sia bambino che adulto, con il piede monco; nella croce il poggiapiedi è inclinato. Tale rappresentazione si ritrova anche nelle monete bizantine.
Una quinto Vangelo impossibile
Sono almeno otto le informazioni date dai Vangeli in merito alla Passione di Cristo che ritroviamo nell'immagine sindonica:
Flagellazione:
Sono evidenti sul corpo sindonico i segni d'una terribile flagellazione, inferta al modo romano, e non con "i quaranta colpi meno uno" della legge ebraica; i colpi sono tre volte tanto, circa 120. Osservando la direzione dei colpi segnati dai flagelli si capisce che i flagellatori erano due, uno a destra e l'altro a sinistra. Tutto il corpo, dalla pianta dei piedi alle spalle, è stato colpito dagli aguzzini. Solo la parte antistante al pericardio è stata risparmiata e gli esperti ci spiegano perché: altrimenti sarebbe morto! Non c'era infatti, da Parte di Pilato, intenzione di uccidere Gesù, ma solo di dargli una bella lezione per poi rilasciarlo.
Luca 23:13..16
<<[13]Pilato, riuniti i sommi sacerdoti, le autorità e il popolo, [14]disse: «Mi avete portato quest'uomo come sobillatore del popolo; ecco, l'ho esaminato davanti a voi, ma non ho trovato in lui nessuna colpa di quelle di cui lo accusate; [15]e neanche Erode, infatti ce l'ha rimandato. Ecco, egli non ha fatto nulla che meriti la morte. [16]Perciò, dopo averlo severamente castigato, lo rilascerò»>>.
Salmo 129:3 <<Sul mio dorso hanno arato gli aratori, hanno fatto lunghi solchi >>. Isaia 50:6
<<Ho presentato il dorso ai flagellatori, |
Coronazione di spine:
La fronte, il capo e la nuca dell'Uomo sono segnati da colature sanguigne provocate da strumenti a punta, aculeati; se ne contano ben 30-35. Si riesce a distinguere quali colature sono di sangue venoso e quali arterioso. Com'è noto, la medicina scoprì la differenza dei due flussi di sangue nel 1593, grazie all'aretino Andrea Cesalpino. Tale feroce tortura non aveva alcun fondamento giuridico, né richiami nella tradizione. Nella letteratura antica non esiste alcun riferimento alla coronazione di spine, l'unica documentata è di Gesù. La corona di spine era a forma di casco e non come ci descrive la tradizione pittorica una coroncina attorno alla testa. |
Crocifissione:
I polsi e i piedi sono trafitti da chiodi. L'iconografia tradizionale, ispirata al Salmo 21:17..18 ("hanno trafitto le mie mani e i miei piedi"), ha sempre rappresentato il Crocifisso trafitto nel palmo delle mani.
Il chirurgo Barbet ha effettuato degli esperimenti crocifiggendo dei cadaveri con chiodi sul palmo della mano ed ha costatato che dopo 10 minuti si lacera la mano e questi cadono dalla croce, poiché un chiodo lì infisso, non riesce a sostenere il peso del corpo. E' invece proprio nella zona detta di Destot, situata nel polso, che un chiodo infisso può reggere bene il peso del corpo. Qui esso lede il nervo mediano contraendo il pollice e provocando un grande dolore. Nella Sindone, di fatto, i pollici non si vedono. Al tempo dei romani sapevano bene quale era il punto dove applicare i chiodi per una crocifissione, mentre oggi è stato necessario effettuare degli esperimenti per scoprirlo.
Nella zona scapolare due vaste contusioni con escoriazioni fanno pensare che un oggetto pesante e ruvido, portato probabilmente sopra il vestito, riaprì le ferite da flagello allargandone i bordi e deformandole: il patibulum per la crocifissione veniva legato alle braccia, per essere poi issato sul palo dell'esecuzione. In caso di caduta accidentale veniva a mancare così ogni appoggio (ferite sulle ginocchia e sul volto). Tracce di terriccio sono state trovate all'altezza dei talloni, delle ginocchia, e del naso. L'uomo della Sindone ha camminato a piedi nudi, è caduto ed ha battuto ginocchia e naso. Forse la trave fu slegata per qualche emergenza (l'aiuto del Cireneo? Mt 27,32); così, giunti al luogo dell'esecuzione, si pensò all'uso più crudele dei chiodi.
Trafitto nel costato:
La trafittura a destra nel costato fa pensare all'uso imposto dalla scherma romana; non si colpiva a sinistra, dove normalmente c'era lo scudo. Il sodato doveva solo sondare se Gesù era morto, se lo avesse colpito a destra, lo avrebbe sicuramente ucciso, poiché vicino al cuore. La ferita al costato dell'uomo della Sindone è stata provocata da un'arma da taglio larga 4 cm; con ogni probabilità si tratta di una lancia romana, che ha colpito il V° spazio intercostale. Con la Sindone si realizza ancora oggi la profezia di Zaccaria (12:10) che dice:
<<Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto.>>.. La copiosa colatura, purtroppo rovinata da una bruciatura della tela, dimostra che l'Uomo è morto per rottura del cuore a causa d'infarto seguito da emopericardio (cospicua raccolta di sangue nel sacco che avvolge il cuore). Questa morte rapida provoca normalmente un violento dolore (un forte grido? Mt 27:50) e un'immediata rigidità statuaria. Salmo 22:15:
<<Come acqua sono versato, Salmo 69:21:
<<L'insulto ha spezzato il mio cuore e vengo meno. Per affrettare la morte dei crocifissi i romani spezzavano le gambe, impedendo così movimenti e respiro, ma venuti a Gesù non gli spezzarono le gambe poiché era già morto. L'Uomo della Sindone non ha alcun osso spezzato. |
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Salmo 34:21:
<<Non gli sarà spezzato alcun osso.>>.
Aromi:
Nel Lenzuolo sono state trovate tracce di aloe e mirra.
Come si è formata l'immagine ?
Tutti gli studi concordano che la Sindone non è dipinta, infatti non è presente sul telo alcun pigmento, ma le certezze finiscono qui. Poi iniziano le ipotesi, le teorie:
Nessuno dei tentativi sperimentali finora fatti per mettere alla prova le tre teorie ha dato risultati soddisfacenti. Nessuna immagine cosi ottenuta é paragonabile alla qualità della Sindone. Quindi resta ancora un enigma alla prova della scienza la genesi della misteriosa impronta del corpo impressa sul lenzuolo in negativo.
Le prime due ipotesi trovano poca credibilità, poiché l’immagine sindonica è ben definita in tutti i suoi punti ed il lenzuolo non era sicuramente ben a contatto su tutte le parti del cadavere. Tanti altri corpi dell’epoca di Cristo venivano sepolti allo stesso modo e in nessuno di quei teli funerari vi è restata impressa l’immagine del defunto. I risultati ottenuti dagli esperimenti basati su queste due teorie hanno fornito immagini di scarsa risoluzione, con limitato e non dettagliato contenuto tridimensionale, come invece l'immagine sindonica possiede. Inoltre tali immagini ottenute non si comportano come negativo fotografico, peculiarità sindonica. Il solo contatto quindi non è plausibile.
Sicuramente l’ipotesi più probabile è quella di tipo radiante; infatti la Sindone si comporta come un negativo fotografico che diventa positivo quando la macchina fotografica ne inverte il chiaroscuro. Per fare una fotografia ci vuole necessariamente una luce. Considerato ciò possiamo serenamente accettare di credere che nel buio del sepolcro una luce possa essersi sprigionata da qual corpo. Non c'è altra spiegazione. La Sindone è quindi una manifestazione di luce. Dal negativo fotografico costatiamo con sorpresa che il corpo dell'Uomo, non è illuminato né da destra, né da sinistra, né dal davanti, né dal di dietro; vediamo che esso stesso è fonte di luce! Il corpo è illuminato dal di dentro! Il chiaroscuro dell'immagine è proporzionale alla distanza che c'era tra il corpo ed il lenzuolo nel momento in cui si è formata l'immagine. Grazie a questo gioco spazio-luce riusciamo ad ottenere un'immagine tridimensionale ad alta risoluzione, che risulta ben definita in tutti i suoi punti.
Va detto che qui ci troviamo di fronte ad una resurrezione, fatto trascendente, soprannaturale che la scienza non potrà mai riprodurre in laboratorio.
Gesù uomo nel momento della resurrezione è entrato nell'eternità, quindi è uscito dal tempo entrando in un'altra dimensione. Il corpo corruttibile è diventato incorruttibile, glorioso. L'energia impiegata per questo passaggio ha sortito l'effetto di imprimere l'immagine dell'Uomo prima di risorgere, in negativo, sul lenzuolo che lo avvolgeva. Molto probabilmente tale processo ha sprigionato un bagliore intenso di luce ed un certo calore. (C'è stata, forse, un'accelerazione di particelle). Il fatto che l'immagine sia in negativo è dovuto probabilmente al tipo di luce emessa dal corpo nel momento della resurrezione. Interessante l'analogia con il processo fotografico: Il sepolcro buio è l'equivalente dell'interno della macchina fotografica, la sindone con le misture di aloe e mirra ha funto da rullino ed il momento della resurrezione equivale al click ed alla luce che entra nell'obbiettivo per imprimersi nella pellicola fotografica. L'autore della foto prova (segno di Giona) resta indiscutibilmente il Padre Eterno.
Nel vangelo di Luca [9:28..36] si narra che Gesù, mentre pregava, si trasfigurò di fronte a Pietro, Giacomo e Giovanni e il suo volto cambiò d'aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante.
Abbiamo così un documento unico, singolare ed irripetibile della passione, morte e resurrezione di Cristo. Una testimonianza a caratteri di sangue, ricca di un'enorme quantità di indizi, che rimanda alle sacre scritture, non prima però di averci impressionato e commosso.
Apocalisse 19:13
<<E' avvolto in un mantello intriso di sangue e il suo nome è Verbo di Dio.>>.
Giovanni 10:17..18
<<[17]Per questo il Padre mi ama: perché io offro la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. [18]Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso, poiché ho il potere di offrirla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo comando ho ricevuto dal Padre mio»>>.
Irradiamento di protoni
Molto interessanti sono anche gli esperimenti del biofisico Jean-Baptiste Rinaudo, ricercatore di medicina nucleare a Montpellier. Secondo questo scienziato, l'ossidazione acida delle fibrille superficiali della Sindone nelle zone di immagine, l'informazione tridimensionale contenuta nella figura, la proiezione verticale dei punti si possono spiegare con un irradiamento di protoni che sarebbero stati emessi dal corpo, sotto l'effetto di un apporto di energia sconosciuta. Gli esperimenti condotti su tessuti di lino hanno portato a risultati confrontabili con la Sindone. Interessante il fatto che il successivo invecchiamento artificiale dei campioni rinforza le colorazioni delle ossidazioni ottenute. J.-B. Rinaudo ritiene che gli atomi coinvolti nel fenomeno siano quelli del Deuterio, presente nella materia organica: è l'elemento che ha bisogno della minore energia per estrarre un protone dal suo nucleo, che è formato da un protone e da un neutrone. È un nucleo stabile, quindi c'è stato bisogno di un apporto di energia per romperlo. I protoni prodotti avrebbero formato l'immagine, mentre i neutroni avrebbero irradiato il tessuto, con il conseguente arricchimento in C14 che avrebbe contribuito a falsare la datazione, facendo risultare più giovane il tessuto.
Il corpo risorto
I vangeli ci descrivono il corpo risorto di Cristo, come un corpo che passa a porte chiuse, ma anche un corpo che si può fare toccare, che può mangiare e che può assumere sembianze diverse. E' da ricordare che il corpo risorto è incorruttibile, quindi immateriale, poiché la materia è corruttibile, tuttavia Gesù ha assunto arbitrariamente forma materiale.
Tale corpo potrebbe essere fatto di luce. Le apparizioni della madonna potrebbero confermare questa ipotesi. Sono infatti state scattate foto di apparizioni della madonna che mostrano come il corpo di Maria sia formato da luce. Anche alcune testimonianze dei veggenti stessi confermerebbero questo fatto. Il fisico russo Alexander V. Belyakov ipotizza che il corpo di Gesù risorto sia fatto di luce. Tale corpo irradierebbe luce da tutto il suo volume, non dalla sola superficie; se esso inoltre assorbisse la sua stessa emissione, questa in massima parte sarebbe diretta ortogonalmente alla superficie del corpo stesso. I calcoli teorici da lui eseguiti rendono plausibile la sua ipotesi di formazione dell'immagine; egli sta ora portando avanti studi di simulazione al computer |
Da notare che sul lenzuolo NON c’è nessuna traccia di spostamento del cadavere! Inoltre, NON c’è sul corpodell'Uomo della Sindone, la minima presenza di segni di putrefazione; e pertanto il cadavere è rimasto avvolto nel lenzuolo per un tempo massimo di circa 30-36 ore. Nessuno ha potuto estrarre il cadavere dal lenzuolo, altrimenti ci sarebbero segni di spostamento. Il corpo, molto probabilmente, nel momento della resurrezione ha perso il suo volume ed il lenzuolo si è affievolito su se stesso, attraversando il corpo.
Atti 2:31..32
<<[31]previde la risurrezione di Cristo e ne parlò Giovanni 3:54 <<Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno.>>. Marco 6:49..50 << [49]Essi, vedendolo camminare sul mare, pensarono: «E' un fantasma», e cominciarono a gridare, [50]perché tutti lo avevano visto ed erano rimasti turbati. Ma egli subito rivolse loro la parola e disse: «Coraggio, sono io, non temete!»>>.. Matteo 28:20 <<…Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo.>>. |
Conclusione
<<Segno di contraddizione per la rovina e la salvezza di molti.>> (Lc 2:34), Gesù di Nazaret ha diviso la storia, prima e dopo Cristo, e continua a dividere l'umanità tra fede e incredulità, tra devozione e bestemmia. Così la Sindone è venerata come preziosa reliquia o detestata come blasfema impostura. Coloro che rifiutano di credere all'autenticità della sindone, essendo consapevoli dei risultati di tutti gli studi interdisciplinari effettuati su di essa, devono fare un atto di fede assai più esigente e per nulla ragionevole rispetto a chi ci crede. Ma il problema è un altro... infatti se si trattasse del cappotto di Napoleone non ci sarebbe stato alcun problema per nessuno a crederci, ma essendo di Gesù, il Figlio di Dio, il fatto di crederci o non crederci può cambiare la vita e diventa quindi una scelta impegnativa.
Concludo citando le parole del Papa Giovanni Paolo II espressosi in merito alla Sindone: <<Una reliquia insolita e misteriosa, singolarissimo testimone - se accettiamo gli
argomenti di tanti scienziati - della Pasqua, della passione, della morte e della risurrezione. Testimone muto, ma nello stesso tempo sorprendentemente eloquente!>>. <<Una
provocazione all'intelligenza>>
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Bibliografia:
"Vangelo e Atti degli Apostoli" - Edizioni Paoline
"Dicono che è Risorto" - Vittorio Messori - SEI
"Sindone" - Maria Grazia Siliato - PIEMME
"La Sindone - Guida alla lettura di un'immagine piena di mistero" - Edizioni San Paolo
CD ROM: "Inchiesta sulla Sindone" - La Stampa
VIDEOCASSETTA: "La Sindone" - Film-documentario di Alberto Di Giglio.
Siti Web:
Centro di Sindonologia del Caravita (http://www.sindonologia.it/)
Sito Ufficiale della Chiesa Cattolica sulla Sindone (http://www.sindone.org/)
Collegamento Pro Sindone (http://www.shroud.it/)/
The Shroud of Turin (http://www.shroud.com/)/
Testimonianza personale:
Sono stato pellegrino nell'ostenzione del 1998 e 2010 a Torino.